Vietnam: ottime performance per i bond denominati in dollari

Il continente asiatico è stato caratterizzato dall’interessante andamento dei titoli obbligazionari vietnamiti denominati in dollari: le performance in questione, infatti, sono state le migliori in assoluto, grazie soprattutto agli sforzi profusi dal primo ministro Nguyen Tan Dung in relazione al taglio dell’inflazione. I bond hanno garantito un ritorno economico pari al 5,1% quest’anno, superando di gran lunga il rendimento della Corea del Sud (3%) e quello della Thailandia (2,8%). Tra l’altro, tali ricavi sono quantomeno sorprendenti, visto che soltanto un anno fa gli stessi strumenti finanziari erano riusciti a far registrare perdite consistenti (superiori agli otto punti percentuali), configurando uno dei peggiori prodotti a livello economico.


Dunque, le ragioni che spiegano un rialzo così generalizzato sono piuttosto semplici, il mercato intravede nelle politiche adottate dal governo di Hanoi la soluzione più corretta per assestare l’economia interna: si tratta di un giudizio condiviso da moltissimi analisti, asiatici e non, in particolare quelli di Pictet, compagnia che è in grado di gestire le migliori opportunità relative ai mercati emergenti. Continuare a contrastare l’inflazione può significare altre prospettive interessanti per il futuro. Entrando maggiormente nel dettaglio statistico, c’è da dire che il rendimento delle obbligazioni che giungeranno a scadenza nel 2020 (ci stiamo quindi riferendo ai prodotti decennali) è calato di 125 punti base, un ribasso che è dovuto, in particolare, alla svalutazione monetaria del dong, la valuta ufficiale del Vietnam.

Attualmente, questa percentuale gravita intorno al 6-7%, un dato che deve essere confrontato con nazioni vicine, come ad esempio l’Indonesia (4,61%) e le Filippine (4,43%). Non stiamo parlando di paesi scelti a caso, ma dei tre stati che in Asia vantano attualmente un debito valutato come “spazzatura”, quindi al di sotto del grado di investimento. Ma il Vietnam stesso può essere ora più fiducioso, dopo che Moody’s aveva tagliato il rating fino a un livello di B1 alla fine di dicembre, un giudizio che configura il primo gradino della zona a rischio.

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