I record del 2011 della finanza islamica

Le quotazioni di sukuk nel corso del 2011 hanno battuto un record davvero importante, 85 miliardi di dollari per la precisione: si tratta di un valore 2,5 volte superiore a quello precedente la crisi finanziaria, più precisamente il livello che era stato raggiunto nel corso del 2007. Questo aumento così evidente indica in maniera chiara come i mercati islamici del capitale siano tornati prepotentemente in gioco. Come hanno spiegato, inoltre, diversi analisti, i mercati convenzionali del debito dello scorso anno sono stati caratterizzati da 5,4 trilioni di dollari emessi dai soli Stati Uniti, mentre il comparto dei sukuk è stato dominato in lungo e in largo dalla Malesia. Questo vuol dire che gli investimenti islamici hanno raggiunto dei buoni livelli, ma ovviamente mettere a confronto il tutto con i prodotti tradizionali è ancora prematuro.

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L’ultima iniziativa di rilievo è quella che ha coinvolto Difc Investments, il braccio finanziario del maggior prestatore di Dubai, Emirates Nbd. In pratica, si tratta di un prestito da un miliardo di dollari, con quattro istituti di credito coinvolti e con l’obiettivo ben preciso di rifinanziare una precedente scadenza islamica. Anche Standard Chartered parteciperà in maniera attiva, più precisamente con un ammontare identico a quello di Difc, mentre Noor Islamic Bank e Dubai Islamic Bank dovranno far fronte a commissioni più basse.

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Come si è capito, non c’è quindi soltanto la Malesia dietro il successo del 2011 della finanza in questione, visto che anche gli Emirati Arabi Uniti hanno svolto un ruolo strategico e fondamentale. D’altronde, quest’ultimo paese asiatico ha beneficiato nel mese di aprile di nuovi limiti ai prestiti bancari che sono realizzati per i governi locali e le loro entità. Quello che forse manca ai sukuk per affermarsi in maniera completa è un accesso più deciso in altri continenti diversi dall’Asia e dall’Africa, in primis quello europeo.

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