Mobius (Templeton) consiglia gli investimenti in mercati di frontiera

Il Vecchio Continente non riesce ancora a risollevare la china, quali possono essere dunque le alternative più valide in termini di investimento finanziario? I consigli sono davvero numerosi in questo inizio di 2013: basti pensare ai suggerimenti su quali azioni investire nel 2013 secondo Mediobanca, senza dimenticare quello che è stato messo in luce da Swiss & Global Asset Management. Ora si può fare affidamento anche sui consigli di Mark Mobius, presidente del cda di Templeton Emerging Markets Group.

A suo dire, infatti, i mercati di frontiera possono rappresentare un’occasione molto interessante per diversificare il portafoglio. Gli emergenti sono infatti vantaggiosi per tre diversi motivi: anzitutto, la crescita economica è piuttosto elevata, inoltre, le riserve di valuta estera sono disponibili in grandi quantità e il debito estero è ridotto al minimo. I consumi, poi, sembrano essere da un momento all’altro pronti a fare boom, senza dimenticare la produttività, destinata a livelli d’eccellenza. Secondo le ultime stime del Fondo Monetario Internazionale, gli emergenti del continente asiatico cresceranno di oltre il 6% nel 2012 e di altri 6,8 punti percentuali quest’anno. Ritornando a focalizzare l’attenzione sui mercati di frontiera, Mobius li sta monitorando da circa due anni a questa parte, con un orizzonte temporale che non supera i cinque anni.

I tassi di crescita più interessanti in questo caso si dovrebbero riscontrare nell’Africa sub-sahariana (regione che comprende comunque ben quarantotto nazioni, tra cui Senegal, Sudafrica e Ghana) e la parte settentrionale del “continente nero”. Non sarà dunque un azzardo puntare i propri investimenti sul Botswana, tra i maggiori esportatori al mondo di diamanti, oppure sul Kazakistan, le cui risorse petrolifere e naturali sono ben conosciute. Insomma, stando alle parole del manager di Templeton, le opportunità più ghiotte sono quelle relative a paesi che hanno aumentato e migliorato il loro sviluppo infrastrutturale, senza spaventarsi troppo per un nome magari poco noto o approfondito.

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