Cotone, le scorte limitate fanno volare i futures

I contratti futures che osservano da vicino l’andamento del cotone come commodity hanno subito un rialzo record nel corso di quest’ultima settimana: il rialzo è stato favorito senz’altro dal fatto che la domanda globale proveniente dagli stabilimenti tessili dovrebbe continuare ad essere superiore all’offerta disponibile. In particolare, l’output della Cina, il maggior consumatore di cotone al mondo, è calato di 6,3 punti percentuali nel 2010. Al contrario, le vendite statunitensi sono aumentate del 56% nella settimana che si è conclusa lo scorso 24 febbraio rispetto ai sette giorni precedenti, così come ha anche confermato lo Us Department of Agricolture, il dipartimento americano relativo al settore primario. In pratica, i prezzi sono più che raddoppiati. John Flanagan, presidente della Flanagan Trading Corporation, ha parlato espressamente di una sfida a livello internazionale, anche perché le ultime resistenze commerciali che sono state realizzate erano più che altro acquisizioni.


Entrando maggiormente nel dettaglio statistico, c’è da dire che i contratti relativi alle spedizioni di maggio del cotone sono aumentati del 3,4%, attestandosi a un livello piuttosto alto, vale a dire 2.127 dollari presso l’Ice Futures di New York: i prezzi in questione sono cresciuti per la sesta sessione consecutiva, il rally più consistente dallo scorso mese di novembre.

Rabobank International, celebre società olandese di servizi finanziari, ha invece messo in luce come le commissioni relative all’export della commodity stiano viaggiando a ritmi elevati al di fuori del territorio statunitense, visto che la domanda attuale deve essere ben razionata e il cotone a disposizione non è sufficiente per tutti coloro che hanno effettuato la domanda. Il guadagno settimanale dei futures è stato pari al 15%, il livello più alto da tre mesi a questa parte: in questo momento, infatti, una balla di cotone grezzo (circa 218 chilogrammi) viene scambiata a quotazioni molto elevate, nonostante lo stesso Ice americano abbia segnalato un crollo piuttosto consistente da parte delle giacenze complessive.

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