Lo scetticismo sull’utilità dei sukuk egiziani

ENGLAND-QE2/2Il governo egiziano ha assolutamente bisogno di far rivivere la finanza locale: in particolare, al Cairo si discute disperatamente circa la ricerca di un aiuto sostanzioso per l’economia, in grave crisi da quando l’ex leader Hosni Mubarak è stato spodestato. Il sukuk potrebbe essere una soluzione importante, ma analisti, banchieri e investitori non sembrano essere molto entusiasti per quel che riguarda l’utilità di tale bond islamico (vedi anche Un sukuk per risolvere la crisi egiziana?). La recente legislazione relativa all’emissione di tali strumenti servirà proprio a migliorare l’infrastruttura economica del paese africano, una sorta di alternativa valida ai prestiti internazionali e agli investimenti esteri, praticamente spariti a causa delle tensioni politiche.

Secondo l’opinione degli esperti, però, i sukuk sono senza dubbio uno strumento strategico, ma è quantomeno irrealistico attendersi che molti flussi di denaro vadano a irrobustire i bond in questione. Ad esempio, Karim Helal, adviser finanziario e numero uno della divisione egiziana imprenditoriale dell’Asean, ha sempre sostenuto la finanza islamica, ma è anche convinto del fatto che ora non sia in grado di rimpiazzare gli strumenti convenzionali e neanche di risolvere il problema del deficit di bilancio. Lo scetticismo riguarda soprattutto la reale efficacia di questi titoli obbligazionari di accumulare le risorse necessarie.

Tra l’altro, è diffusa l’opinione secondo cui i sukuk, come qualsiasi altro veicolo finanziario presente in tutto il mondo, ha bisogno di essere implementato in una nazione che può vantare un governo stabile e un sistema legale di sicuro affidamento. L’economia egiziana vive un momento a dir poco difficile: secondo le ultime rilevazioni di Standard & Poor’s, il rating è pari a CCC+, il terzo giudizio più basso, due gradini al di sopra del default, mentre quello di breve termine è stato fissato a C. I progressi economici sono stati riconosciuti, in particolare quelli delle ultime settimane, grazie ai prestiti che sono stati garantiti da nazioni come la Libia e il Qatar.

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