La finanza islamica e le ambizioni turche

flickr-3741795677-originalLa Turchia rappresenta senza dubbio una delle economie più dinamiche del mondo islamico (vedi anche Cresce la fiducia degli investitori verso la Turchia): ecco perché il governo di Ankara sta continuando a sviluppare una industria finanziaria che possa competere con gli attuali volumi della Malesia, il primo paese al mondo per quel che riguarda la quotazione di sukuk, i titoli obbligazionari che rispettano la legge della Shariah. La concorrenza potrebbe diventare effettiva ed efficace nel giro di un decennio.

Vi sono delle nuove regole che dovranno essere approvate entro la fine della prossima settimana dal premier Recep Erdogan. In pratica, esse consentiranno alle società e alle banche turche di lanciare sul mercato le tipologie più diffuse di sukuk, con un accesso privilegiato per quel che riguarda gli investitori finanziari, in un segmento che vale più di cento miliardi di dollari. Secondo esperti e analisti, tale finanza non può che essere scelta e apprezzata per due motivi: il primo consiste nell’assenza di tassi di interesse, il secondo nei costi appetibili dei prestiti. Gli istituti di credito islamici della nazione anatolica sono conosciuti a livello locale come “banche partecipative”: i disastri economici dell’Occidente hanno favorito strumenti alternativi come i sukuk, tanto è vero che lo scorso anno è stato sfruttato per il debutto del bond in dollari che rispettava queste caratteristiche.

Ora, invece, la Capital Markets Authority sta finalizzando e approntando i regolamenti che andranno a riguardare cinque nuove tipologie di obbligazioni islamiche, dato che si punta con ambizione ai primi posti delle emissioni di debito. Riuscirà la Turchia a trasformarsi in un centro sempre più finanziario? L’infrastruttura prevista dal progetto prevede una spesa pari a 350 miliardi di dollari. Le quattro banche maggiormente attive in tal senso sono quattro, vale a dire Bank Asya, Turkiye Finans, Albaraka Turk e Kuveyt Turk, le quali rappresentano il 5,3% dell’intera industria locale.

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