Previsioni mercati finanziari 2013 secondo Invesco

Invesco, storica compagnia indipendente per la gestione degli investimenti fondata nel 1935 e con sede ad Atlanta (Georgia, USA), ha delineato la propria view generale per il prossimo anno evidenziando una serie di fattori di debolezza sia in Europa che negli Stati Uniti. Secondo Invesco ci sono segnali di miglioramento, ma la strada da fare è ancora tanta, soprattutto nel vecchio continente. La casa di investimenti apprezza gli sforzi fatti dall’Italia per uscire dalla crisi. Secondo Invesco l’Italia non è a rischio default, nonostante il debito pubblico ha superato i 2.000 miliardi di euro per la prima volta nella sua storia.

Secondo il parere di John G. Greenwood, chief economist di Invesco, “l’Italia non è la Grecia e nemmeno la Spagna, ma problemi che la affliggono sono numerosi”. L’esperto ritiene che il paese sia riuscito a superare la fase più delicata della crisi dei debiti sovrani nella zona euro, ma c’è ancora molto da fare per scongiurare pericolose ricadute. Greenwood ha dei consigli per i politici europei e italiani per superare l’impasse e tornare a crescere.

Il guru di Invesco ritiene che “per ricominciare a crescere il paese ha bisogno di politiche monetarie espansive e di esportare di più. L’Italia sta perdendo competitività, l’aggiustamento dei costi del lavoro è in ritardo, il tasso ufficiale di disoccupazione è all’11% e non mostra segni di recupero, il governo fatica a ridurre il rapporto di indebitamento”. L’esperto lancia una frecciatina all’attuale modus operandi delle banche italiane che “persistono nel mostrare avversità al rischio e continuano a comprare titoli governativi senza concedere prestiti”.

Per ciò che concerne la zona euro, lo specialista di Invesco si aspetta una recessione prolungata, in quanto “Europa e Gran Bretagna sono troppo focalizzate sull’austerity e il problema è che la BCE non ha immesso sufficiente liquidità nel sistema economico”. Greenwood ritiene che sia “assolutamente necessaria un’unione fiscale per tenere sotto controllo entrate e uscite degli stati”. Per quanto riguarda gli Stati Uniti, l’esperto crede che in caso di mancato accordo sul fiscal cliff possa esserci una contrazione del pil del 3,5%. Le banche stanno risanando i bilanci, ma “ci vorranno un paio d’anni perché il sistema finanziario torni a decollare”.

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