Investimento in bond di paesi emergenti sconsigliato da M&G

Quasi sempre i money manager delle principali case di investimento internazionali hanno opinioni molto simili sugli asset di investimento più promettenti e quelli invece da evitare in un’ottica di bilanciamaneto delle scelte di portfolio. Tuttavia, c’è chi va in controtendenza come ad esempio alla M&G. In particolare, se l’investimento in bond di paesi emergenti piace alla maggior parte dei gestori internazionali, il fondo M&G global macro bond va nella direzione diametralmente opposta. Il fondo è gestito da Jim Leaviss, che ha ottenuto anche il riconoscimento delle cinque stelle Mornigstar.

Dire che l’esperto ha una view sbagliata non troverebbe senza dubbio un riscontro nei numeri. Il fondo sta guadagnando mediamente il 9% circa ogni anno negli ultimi 5 anni, mentre quest’anno si avvia a chiuedere con una performance del 15%. Nel fondo un peso elevato resta ancora sui bond con rating AAA, che incidono per il 20,1% sul totale. Non a caso il gestore “a cinque stelle” punta ancora molto sui Treasury Bond USA e sui Bund tedeschi.

L’esperto non ha una view negativa sulla zona euro nel medio periodo e crede che alla fine la Grecia resterà nell’euro. Viene molto apprezzato il lavoro di Mario Draghi alla guida dell’Eurotower e si pensa che l’Europa non farà la fine del Giappone degli anni ’90, in quanto i policy makers europei si stanno dimostrando più interventisti con stimoli all’economia e ristrutturazione del settore bancario. Nel portfolio del fondo ci sono buone porzioni di bond rating A e BB, rispettivamente con un peso del 22,2% e del 18,4%.

Tuttavia, l’esperto non apprezza molto i bond italiani e quelli inglesi. In particolare, i Gilt britannici hanno poco appeal agli occhi di Leaviss a causa di prospettive negative per l’economia britannica. Secondo il money manager il paese perderà presto il rating AAA e il fondo resta “short” sulla sterlina. Negativa anche la view sui bond di paesi emergenti, ritenuti sopravvalutati. Il gestore fa notare che dieci anni fa il governativo del Brasile rendeva il 10% in più del T-Bond USA, oggi solo l’1%. Ciò vuol dire che a malapena viene compensato il rischio di liquidità, ma non quello di credito. Il fondo ha posizioni corte sui bond di Brasile e Indonesia.

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