Borsa giapponese in ripresa

Se si osserva il recente andamento tendenziale della borsa di Tokyo, non si può che rimanere soddisfatti della ripresa graduale dei mercati regolamentati giapponesi, oramai sui livelli massimi dal 2008. La caduta dello yen – al fine di favorire l’export delle aziende locali – e la nuova politica economica varata dal nuovo governo, sembrano aver ridato la giusta fiducia agli investitori locali e internazionali.

Di fatti, da metà novembre 2012 alla scorsa settimana, il principale indice azionario di riferimento di Tokyo avrebbe guadagnato più del 30 per cento, con una spinta concomitante, più recentemente, al cambio al vertice della banca centrale, evidentemente accolto con entusiasmo dai mercati finanziari (un cambio pressochè indotto dal governo giapponese, che aveva esercitato pressioni finalizzate a ottenere una svolta nella politica monetaria e per mettere la parola fine alla fase del super yen).

A proposito dello yen, nel corso delle ultime settimane la valuta giapponese ha ceduto oltre il 20% rispetto al dollaro e si trova al livello più basso da tre anni a questa parte. Un comportamento totalmente avverso a quanto era accaduto gli anni precedenti, quando allo yen era stato concesso un (eccessivo) apprezzamento che aveva finito con il danneggiare l’economia locale. Ora, invece, il deprezzamento dello yen dovrebbe comportare evidenti benefici in capo alle imprese, finora penalizzate (a causa della forza della propria valuta) nei rapporti commerciali con l’estero (vedi anche Bank of Japan fa volare i futures sul rame).

Ne è conseguito che ad esser spinte al rialzo sono state le aziende dei settori maggiormente interessate dai rapporti commerciali con l’estero, come ad esempio è accaduto ai settori dell’automobile, delle banche, dell’immobiliare e della farmaceutica (vedi anche Il  Giappone torna ai bond inflation-linked dopo cinque anni ).

Elemento di grande interesse è inoltre rappresentato dalla forte presenza degli investitori internazionali nella piazza azionaria di Tokyo, oramai in grado di rappresentare più del 70 per cento delle contrattazioni, contro una presenza che, prima delle novità su governo e valuta, era scesa a meno del 60 per cento
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