Ipo Sea banche sotto accusa

La procura di Milano ha aperto un fascicolo sul flop dell’Ipo Sea, la società che gestisce gli scali aeroportuali milanesi, poco tempo fa in procinto di sbarcare in Borsa Italiana. L’apertura del fascicolo, senza indagati né ipotesi di reato, è un atto dovuto, visto e considerato che sulla vicenda aleggiano numerose polemiche, e che l’intenzione di “vederci chiaro” da parte dei protagonisti del mancato sbarco su Piazza Affari è palese. Ma chi sono i responsabili di questo clamoroso flop, difficilmente in grado di esser sminuito?

Difficile – riportava tra i commenti Milano Finanza – che la responsabilità possa essere realmente imputata a Vito Gamberale e al suo fondo F2i, come invece sostiene qualcuno (per una attenta ricostruzione vedi anche flop quotazione Sea, sul nostro blog cugino Finanza Live). Se pure le dichiarazioni del Fondo possono aver allontanato qualche investitore dal porre in essere l’operazione di impiego o la manifestazione di interesse all’iter di quotazione, è pur vero che, da sola, non può esser stata la causa scatenante la mancata quotazione.

Raffaele Cattaneo, membro del consiglio di amministrazione di Sea, chiama allora in causa le banche. “E’ successo che” – afferma Cattaneo – “il Cda ha accettato malvolentieri e su suggerimento delle banche una forchetta di prezzo che partiva da 3,2 euro per azione, pari a 800 mln di valorizzazione complessiva a fronte di un fair value della societa’ stimato dai nostri consulenti superiore a 1 mld”, per un prezzo che prevedeva un Ipo discount superiore al 20%” e pertanto “troppo basso per garantire un’equa valorizzazione di un patrimonio pubblico”.

Le banche di credito, prosegue Cattaneo, “ci hanno convinto che sarebbero riusciti a riempire il book degli ordini arrivando a 4 o 5 volte l’offerta e che poi questo avrebbe permesso di ottenere un prezzo piu’ alto (…) Piu’ di un consigliere era perplesso all’idea di andare sul mercato con una forchetta così bassa” sottolinea Cattaneo.

Lascia un commento