Intercontinental Exchange: il crollo delle soft commodities

Il sapore di questi giorni del cacao e dello zucchero sta tendendo decisamente verso l’amaro: le due commodities, ma non solo esse, hanno infatti subito una caduta importante nel corso delle ultime contrattazioni americane, come principale conseguenza del fatto che gli investitori preferisono rifugiarsi sul dollaro a causa dello scenario economico non certo incoraggiante. Volendo essere ancora più precisi, c’è da dire che la Federal Reserve ha annunciato due giorni fa un programma che consentirà agli Stati Uniti di affrontare la recessione, ma a costo di vendere entro i prossimi nove mesi le holding con le scadenze minori. Si è trattato di una misura necessaria e urgente, soprattutto alla luce dei deboli dati cinesi per quel che concerne il manifatturiero. Entrando maggiormente nel dettaglio finanziario, occorre sottolineare come i contratti futures relativi al cacao siano giunti al loro livello più basso dell’ultimo anno.

Il riferimento deve andare ovviamente alle spedizioni del prossimo mese di dicembre, le quali hanno ceduto ben 1,7 punti percentuali, con una quotazione finale pari a 2,680 dollari presso l’Intercontinetal Exchange di New York. Che cosa c’è da dire invece in merito alle altre commodities? Perfino il caffè arabica e il succo d’arancia hanno sofferto enormemente questa situazione, con dei ribassi pari, rispettivamente, al 3% e al 4,6%. Lo stesso discorso deve essere fatto anche per il cotone. Lo zucchero, poi, è stato capace di cedere oltre il 4%, a conferma della difficile situazione generale.

Secondo alcuni analisti, tra l’altro, tutti questi dati e indicazioni assomigliano molto all’inizio di una nuova tempesta finanziaria, probabilmente non delle stesse dimensioni di quella del 2008, ma comunque piuttosto simile nelle caratteristiche. Nonostante i tetri presagi, qualche investitore rimane in una posizione “bullish”, improntata dunque al rialzo, ma perfino Goldman Sachs ha ribadito la propria opzione call per quel che concerne gli investimenti nelle soft commodities, prevedendo un ritorno economico del 20%

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