Bond egiziani: rendimenti da record a causa delle proteste

Le obbligazioni dell’Egitto denominate in dollari hanno subito un calo piuttosto consistente nel corso di questa settimana, declino che ha provocato il rialzo dei rendimenti fino a livelli da record: si tratta della conseguenza economica principale delle forti proteste che stanno purtroppo caratterizzando il paese africano, in cui divampano le manifestazioni contro il presidente Hosni Mubarak. Fitch è già pronta a tagliare il rating della nazione (da “stabile” a “negativo”), dunque le prospettive sono tutt’altro che incoraggianti. I bond in questione sono quelli che scadranno nel 2020: il loro rendimento è cresciuto di ben 47 punti base, fino all’attuale 6,78%, percentuale che identifica un rischio di default molto alto.


Un altro record, poi, è stato segnato dai titoli in scadenza nel 2040, i quali si sono attestati sul 7,53%. Le proteste egiziane non possono che aumentare l’incertezza politica ed economica pertanto. Secondo Sven Richter, a capo del segmento dei mercati di frontiera presso Renaissance Asset Managers, anche i tassi di interesse potrebbero pericolosamente aumentare; il rischio generale è altissimo per l’intera regione, quindi i rendimenti dei bond non potranno tornare ai livelli precedenti per diverso tempo. Il costo per proteggere il debito egiziano dal rischio di bancarotta nei prossimi cinque anni è ora salito a 391 punti, quindici in più rispetto alla giornata precedente, tanto che persino i Cds (Credit Default Swap) del paese sono incrementati di 1,21 punti percentuali da due settimane a questa parte.

Intanto, bisogna anche sottolineare come l’indice azionario EGX30 sia crollato dell’11% nel corso della giornata di ieri, la frenata più pesante da ottobre 2008; la borsa egiziana, la quale vanta quotazioni importanti come quelle di Orascom Telecom, Talaat Moustafa Group e Orascom Construction Industries, rappresenta la piazza principale dell’intera Africa settentrionale per quel che concerne la capitalizzazione di mercato, ma la sua chiusura forzata (la situazione dura ormai da più di una settimana) non induce certo all’ottimismo.

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