Fwu verso fallimento, cosa succede alle polizze?

Fwu sta fallendo: che fine faranno le polizze vita dei consumatori che le hanno sottoscritte? Si tratta di una domanda alla quale si necessita di trovare velocemente risposta.

Cosa sta accadendo con Fwu nel settore assicurativo

La compagnia sta andando verso la liquidazione: cosa succederà ai 100.000 italiani che hanno sottoscritto una polizza con il suddetto gruppo assicurativo? Sebbene manchino ancora diversi dettagli, in teoria, il controvalore delle polizze vita Fwu è stimato coinvolgente il nostro paese dovrebbe essere pari a circa 300 milioni di euro.

L’autorità di vigilanza del Lussemburgo ha fatto sapere che il piano di rientro pensato per la compagnia Fwu è fallito e che di conseguenza è stata presentata al tribunale una richiesta, da parte loro, di scioglimento e messa in liquidazione coatta.

Per diverso tempo si è cercato di salvare la compagnia, cercando di fare il meglio per tutti coloro che avevano sottoscritto un’assicurazione con loro. Purtroppo però il commissario Yaan Baden, chiamato a risolvere la situazione, non è riuscito a riportare il gruppo assicurativo entro i parametri previsti per la solvibilità.

Ricordiamo che Fwu opera in Italia fin dal 2006, occupandosi principalmente di polizze vita unit linked. L’Authority lussemburghese stata molto chiara in merito all’accaduto. La stessa compagnia assicurativa ha informato infatti il commissariato di non rispettare più i requisiti legali collegati alla copertura del requisito minimo di capitale (Mcr) nonché quelli legati al requisito patrimoniale di solvibilità (Scr). Senza contare le passività assicurative con attività rappresentative ammissibili.

Per tale ragione, in base all’art. 124 della Lsa o Legge sul settore assicurativo si è cercato di spingere la compagnia Fwu ad adottare tutte le misure necessarie attraverso un piano di risanamento da concludere entro il 19 gennaio 2025.

Le polizze rimangono quindi congelate

Purtroppo il gruppo non è stato in grado di assolvere alle richieste, portando al fallimento del piano di risanamento. Riproponiamo la domanda: cosa succede alle polizze vita stipulate e di conseguenza anche a quelle sottoscritte tagli italiani? Al momento non vi sono effetti immediati né sulla procedura legale di sospensione dei pagamenti né sul congelamento delle attività rappresentative delle riserve tecniche presso gli istituti depositari.

Tradotto in parole più semplici, le polizze non possono essere riscattate rimanendo congelate. Questo si traduce per tutti quanti i sottoscrittori nell’avere pazienza di attendere quelle che saranno le procedure di fallimento che avverranno. Sperando che la liquidazione della compagnia possa essere in grado di sostenere il pagamento delle polizze.

Evitando quindi che i consumatori perdano totalmente il proprio investimento.

Bonifici istantanei, da oggi senza costi aggiuntivi

I bonifici istantanei smettono da oggi di avere costi extra. Si tratta della prima tappa di un processo che porterà questo particolare prodotto bancario a essere tanto diffuso quanto il bonifico tradizionale.

Cosa cambia per i bonifici istantanei

Sembra una problematica di poco conto, ma in realtà quella dei bonifici istantanei è una storia che potrebbe davvero modificare in maniera sostanziale il rapporto della clientela con la propria banca e con il mondo del lavoro. Da oggi 9 gennaio, i bonifici istantanei dovranno essere offerti allo stesso prezzo di quelli ordinari. E non solo: gli istituti di credito saranno obbligati ad accettarli.

Tutto questo è dovuto al nuovo Regolamento UE 2024/886 che sancisce le nuove norme in merito, rivedendo la Direttiva sui pagamenti con l’obiettivo di rendere più facile per le imprese e per i consumatori l’accesso a questo particolare strumento bancario. Non dobbiamo infatti dimenticare che bonifici istantanei, fino a ora, erano accompagnati da un sovraccosto. In alcuni casi si trattava di una cifra fissa, in altri di una fissa più una percentuale che rendeva l’uso di questo strumento particolarmente gravoso dal punto di vista economico.

Una criticità questa, ovviamente, che cagionava anche la scarsa diffusione dello stesso. Come parzialmente anticipato, questo non sarà l’unico passo che le banche saranno costrette a fare in merito ai bonifici istantanei per via della normativa europea.

In futuro vi saranno maggiori obblighi

In base a questa, infatti, è previsto per il prossimo 9 ottobre un ulteriore passo in avanti. Ovvero quello dell’obbligo per le banche di offrire il servizio di bonifico istantaneo e non solo di rendere possibile la loro ricezione. Dobbiamo ricordare che questo tipo di strumento può essere disposto a qualsiasi ora del giorno e della notte e per tutti i giorni dell’anno. A differenza di quello ordinario che è limitato semplicemente ad alcune ore dei giorni feriali.

Quante volte si hanno avuto problemi, anche nel far fronte a eventuali pagamenti perché il bonifico che aspettavamo non arrivava? C’è chi addirittura lo vorrebbe trasformare in un metodo di pagamento al pari di una carta di credito. Non sappiamo dirvi se i bonifici istantanei potranno essere utilizzati con facilità in questo modo, ma di certo possono rappresentare un ottimo supporto.

Da oggi sarà possibile pagare con i bonifici istantanei anche la Pubblica amministrazione. In questo modo il pagamento effettuato sarà accreditato sui conti della stessa entro i 10 secondi dall’invio della operazione. Insomma, saranno differenti cambiamenti che questo obbligo nei confronti dei bonifici istantanei porterà. Rendendo più semplice la vita a consumatori e imprese.

Fastweb e Vodafone, confermate le nozze

Fastweb e Vodafone Italia possono ufficialmente convolare a nozze. Swisscom infatti ricevuto il via libera lo scorso 31 dicembre, a questa importante unione. Ovviamente ottenendo tutte le autorizzazioni necessarie del caso.

Cosa accade con la fusione di Fastweb e Vodafone Italia

Swisscom ha potuto, in questo modo, completare l’acquisizione della branca italiana del gruppo inglese di telefonia dando origine, in questo modo, un operatore risultato dell’unione tra Fastweb e Vodafone Italia. Walter Renna, amministratore delegato di questo nuovo operatore esprime apertamente la soddisfazione relativamente all’operazione.

Inauguriamo una nuova era delle telecomunicazioni in Italia”: sono state queste le sue parole. Il manager ha, allo stesso tempo, sottolineato come queste due realtà fondamentali della telefonia italiana si siano riunite in una nuova dalla maggiore forza e più importante innovazione. Un’azienda che si occuperà di portare l’Italia, nell’ambito delle telecomunicazioni, verso un futuro sostenibile sia per i consumatori che le aziende.

Per quel che riguarda i marchi, sia Fastweb che Vodafone Italia continueranno a essere sfruttati a livello commerciale, nonostante la gestione congiunta delle due società. Le nozze confermate tra Fastweb e Vodafone sono caratterizzate da numeri importanti: parliamo di più di 20 milioni di linee mobili e circa 5,6 milioni di linee fisse.

Questo farà della società di nuova fattura il principale operatore per infrastruttura presente sul territorio italiano nel mercato delle telecomunicazioni. Potendo contare su più di 74.000 km di rete fissa e 20.000 siti radio mobili. Numeri che garantiscono una copertura importante su tutto il territorio nazionale per entrambe le modalità di cui il 50% in FTTH.

Presenza capillare sul territorio

Per quel che riguarda le infrastrutture, appare evidente che Vodafone Italia e Fastweb siano in grado di assicurare una presenza di tipo capillare sul territorio. Nella nota emessa ad annunciare l’unione tra le due aziende, è stato evidenziato come finanziariamente queste nozze porteranno a economie di scala, a sinergie pari a circa 600 milioni l’anno a regime e a una struttura dei costi più efficiente.

E questo porterà la società risultante ad avere una capacità finanziaria importante. In grado quindi di proseguire sulla linea degli investimenti, sia per quel che riguarda l’innovazione sia per quel che concerne le infrastrutture. A favore del mercato, delle imprese e dei consumatori.

Swisscom, con la conferma delle nozze, ha rivisto le previsioni dei propri margini perché necessitante di contabilizzare i costi fino a concorrenza di 200 milioni di euro. Le previsioni ebitda adeguate al 2024 sono tra i 4,3 e i 4,4 miliardi di franchi svizzeri (prima erano rispettivamente 4,5 e 4,6 miliardi). È stato evidenziato, inoltre, come non vi saranno conseguenze sul free cash flow dell’anno appena trascorso rimanendo intoccati anche gli investimenti, le previsioni per il fatturato e i dividendi.

Cina pronta ad emettere bond speciali?

La Cina è pronta a emettere bond speciali? È una domanda che si stanno ponendo in molti e che sembrerebbe in procinto di trovare una risposta positiva.

Cosa sta accandendo in Cina

Pechino sta analizzando la situazione attuale a pochi giorni dall’insediarsi di Donald Trump come prossimo presidente degli Stati Uniti. E le previsioni, come d’altronde si ha idea anche in Europa, non sono così positive come si vorrebbe. Soprattutto per un fattore. La possibilità che vengano introdotti dei dazi che peseranno moltissimo sull’import e l’export di tutto il mondo.

Inutile prendersi in giro: eravamo tutti coscienti che Donald Trump volesse ritornare ad avere la stessa politica protezionistica del suo primo mandato. Forse non se ne sono resi conto coloro che lo hanno votato.

La Cina, che negli ultimi anni ha comunque confermato il suo ruolo di leader mondiale, si trova adesso davanti a un bivio decisamente interessante. Soprattutto perché deve decidere se continuare sull’attuale linea o abbandonare quello che il “Quotidiano del popolo”, Organo ufficiale del Partito comunista, definisce il culto della velocità.

È palese che sia il Governo che gli esperti cinesi in economia si stiano chiedendo se sia il caso di sacrificare una crescita sul lungo periodo per mantenerne una veloce sul breve periodo. Il punto è comune a molti altri Stati nel mondo: la domanda interna non riesce a soddisfare la crescita.

I dazi spaventano l’economia

E con la possibilità di dazi incombenti, la Cina deve porsi le giuste domande e darsi le giuste risposte in tal senso. Perché saranno sicuramente le importazioni e le esportazioni a subire cali importanti. Senza dimenticare che per quel che riguarda il paese orientale pesa molto il crollo di realtà come Evergrande, nel settore immobiliare. Il contraccolpo in quel caso si è fatto sentire. E per quanto possa sembrare difficile da accettare soprattutto per la Cina la dipendenza dall’export è decisamente elevata.

La Cina potrebbe decidere effettivamente di emettere dei bond speciali. Ma non rappresentano assolutamente la soluzione a qualcosa che deve essere pensato capillarmente. E altrettanto dovrebbe fare l’Europa che si troverà, analogamente, ad avere a che fare con gli stessi problemi. Tenendo conto del fatto che alcuni Stati più di altri, a causa del debito, sono più vulnerabili a determinate sollecitazioni.

L’Italia, tra l’altro, è uno di questi. E sarà necessario pensare bene le proprie strategie, soprattutto per quel che concerne l’esportazione. C’è da chiedersi se eventuali amicizie politiche saranno in grado di ovviare a quelle che saranno le naturali ripercussioni dell’economia voluta da Donald Trump.

Stellantis, ecco il piano per l’Italia

Stellantis rimarrà in Italia, ma avverte già che il 2025 sarà un anno davvero difficile. La priorità data al nostro paese rappresenta un maggiore costo?

Cosa ha proposto Stellantis

È una bella domanda da porsi, ma quel che è emerso dal tavolo col Ministero delle Imprese e del Made in Italy è abbastanza chiaro. Stellantis rimane in Italia e promette di mantenere un rapporto prioritario caratterizzato da conservazione dei posti di lavoro e da sviluppo.

Con la differenza, rispetto al passato, che stavolta un piano sembrerebbe esserci. Non vi sarebbero solo promesse. Il responsabile europeo di Stellantis, Jean Philippe Imparato, ha sottolineato come il “treno della storia” non si fermi due volte nello stesso posto. Per l’Italia si parla di due miliardi di investimenti da impegnare il prossimo anno, con un incremento di sei miliardi di acquisti dai fornitori operanti in Italia.

Le previsioni vogliono il raggiungimento di una crescita produttiva del 50% del 2026 e un piano di produzione specifico per ogni stabilimento fino almeno al 2032. L’obiettivo sarebbe quello di riuscire a coprire almeno l’80% del mercato europeo totale dell’automotive.

Si tratta ovviamente di un piano ambizioso, soprattutto se pensiamo all’attuale situazione nella quale Stellantis naviga, soprattutto per quel che concerne la situazione occupazionale. Il manager del gruppo Italofrancese ha assicurato che tutti gli stabilimenti italiani rimarranno aperti. Ma ha confermato allo stesso tempo che si tratterà di un anno molto duro.

Nessun aiuto pubblico è previsto per gli investimenti

Il fattore interessante del discorso di Imparato riguarda il fatto che il piano presentato al Ministero delle Imprese e del Made in Italy non prevede nessun aiuto pubblico. Gli investimenti saranno finanziati con risorse proprie.

Torino rimarrà una città centrale per la produzione e la soluzione per gli stabilimenti è stata trovata grazie ha una produzione di tipo ibrido per i modelli. Pomigliano è attualmente il polo che presenta almeno sulla carta le migliori soluzioni. La produzione della Panda continuerà infatti fino al 2030, comprendendone una di nuova generazione. E nel 2028 verrà apportata la piattaforma Stla smart.

L’Esecutivo, da parte sua, ha deciso di impegnarsi nei confronti di tutto il settore dell’automotive destinando 1,6 miliardi nel triennio 2025 -2027. Due terzi delle risorse saranno elargite direttamente il prossimo anno.

A tutto ciò dovrebbero aggiungersi anche 500 milioni di euro provenienti dal PNRR per i contratti di sviluppo dei settori in transizione. Importante: le risorse promesse dall’Esecutivo non andranno a coprire la cassa integrazione. Ma dovranno essere utilizzate per contratti di sviluppo, mini contratti di sviluppo e accordi per l’innovazione.

Stellantis, si pensa a Luca Maestri come nuovo ceo

Per Stellantis si profila la possibilità di avere come nuovo ceo Luca Maestri, noto per il suo contributo manageriale prestato all’azienda di Cupertino, ovvero la Apple.

Chi è Luca Maestri

È questo il nome che sarebbe già in mano al presidente John Elkann per sostituire Carlos Tavares. Luca Maestri è attualmente vicepresidente e direttore finanziario di Apple: un nome di esperienza e caratura quindi. Maestri dovrebbe lasciare il suo ruolo presso il colosso fondato da Steve Jobs giusto in tempo per poter entrare in Stellantis all’inizio del 2025.

Dobbiamo ricordare infatti che lo scorso agosto si è dimesso dalla Apple e all’inizio del prossimo anno finirà il periodo di preavviso necessario per lasciare l’azienda di Copertino. Piccola nota di colore: è anche un gran tifoso della Juventus.

Chi è questo manager che entrerà a far parte di Stellantis? Classe 1963 virgola dopo gli studi al liceo classico si è laureato in Economia presso la Luiss Guido Carli di Roma, completando un master in Science of management presso la Boston University. Parliamo di un manager che ha 26 anni ha lasciato l’Italia per iniziare la sua carriera negli Stati Uniti. Dopo un periodo alla General Motors dove era diventato direttore finanziario occupandosi tra le altre cose della joint venture con Fiat, e poi passato per Nokia Siemens, per Xerox approdando in Apple nel 2013.

Pur essendo stato uno dei consiglieri più fidati del presidente di Apple Tim Cook, Luca Maestri ha deciso di cambiare nuovamente. E questo potrebbe rappresentare per Stellantis un nuovo ottimo punto di partenza se il suo nome dovesse essere davvero confermato. Le sue capacità hanno contribuito a far raggiungere ad Apple un valore di ben 229 dollari ad azione dai 20 di partenza.

Potrebbe essere il nome giusto per Stellantis

Va da sé che potrebbe avere effettivamente l’esperienza necessaria per risollevare Stellantis sia in Italia che negli Stati Uniti. E’ la forma mentis di questo manager a essere particolarmente interessante. Ha raccontato infatti in una serata organizzata dalla sua università, qualche anno fa, come sia importante imparare direttamente sul campo, soprattutto sbagliando.

Stellantis ha bisogno di ripartire da qualcuno che si dimostri diverso rispetto a Carlos Tavares. Sia per riguadagnare la fiducia degli stakeholder e degli investitori, sia per quella dei lavoratori. I quali stanno pagando molto più di altri lo scotto di strategie non particolarmente brillanti.

Sarai in grado il manager di salvare la situazione? Se il suo nome venisse confermato di certo i primi mesi del prossimo anno saranno fondamentali per comprendere quale sarà il futuro di Stellantis.

Beko, previsti 1935 licenziamenti in Italia

Beko è pronta a licenziare quasi duemila persone in Italia. Ben 1935 esuberi posti sul tavolo delle trattative con i sindacati e il Ministero delle Imprese e del Made in Italy.

Cosa sta accadendo con Beko

Numeri inaccettabili se si pensa all’occupazione. Non è una novità che, per quel che riguarda l’attività di Beko, potessero esservi delle criticità. Il piano industriale presentato dalla società sottolinea come l’impresa non sia intenzionata a rimanere ferma ma ad attivarsi per limitare le sue perdite. In modo diretto e preciso.

L’intenzione in Italia è quella di ridimensionare, principalmente. Basti pensare che è prevista la chiusura di due poli e il ridimensionamento di un centro di ricerca e di un ulteriore stabilimento. Per quel che riguarda le chiusure sono coinvolti i siti di Comunanza (Ascoli Piceno) e Siena, che si occupano rispettivamente di lavatrici e congelatori.

Perché Beko vuole ridimensionare quei due settori? Semplice: per poter rafforzare quello della cottura, attualmente l’ambito nel quale ci sono le maggiori possibilità di guadagno. I dati relativi a chiusure ed esuberi provengono direttamente dall’incontro tra la società, le parti sociali e il ministero.

I sindacati hanno già annunciato proteste e manifestazioni e il Governo ha sottolineato che farà uso del Golden power. La situazione di Beko è la seguente: deve migliorare le proprie performance limitando i danni. E questo per lei significa eliminare i rami secchi. Puntando a investire di più su quegli ambiti che al momento risultano maggiormente produttivi.

Previsti anche investimenti

È per tale ragione che pur prevedendo tagli, il piano industriale ha previsto anche investimenti impiegati in quei settori ritenuti più redditizi. All’interno di una nota è stato spiegato che è la situazione economica e lavorativa globale a rendere necessario un riequilibrio delle produzioni, puntando a preservare in Italia quelle che sono le attività che danno profitto e che risultano essere sostenibili.

Per l’Italia è comunque previsto un ruolo centrale nella produzione della categoria cottura. Nonostante questo, i tagli dovranno essere eseguiti per poter dar spazio all’innovazione dei processi produttivi e ai nuovi prodotti, in sviluppo con un maggior contributo della robotica e l’automazione della logistica.

Questo si traduce in chiusura dei siti in perdita, modificando il modificabile e investendo su ciò che ha maggiori prospettive. Come già evidenziato tagli e chiusure toccheranno i siti dediti al lavaggio e alla refrigerazione. A Siena non verranno investiti ulteriori fondi per via delle perdite accumulate nel corso degli ultimi cinque e lo stesso verrà fatto da Beko in merito al sito di Ascoli Piceno.

Dobbiamo sottolineare che per entrambi è previsto un processo di re-industrializzazione per riconvertire le attività produttive. Gli esuberi colpiranno in particolare gli operai per oltre mille unità, dirigenti e impiegati.

 

Ita Airways e Lufthansa, trovato accordo in extremis

Ita Airways e Lufthansa sono riuscite a trovare in extremis un accordo, salvando il lavoro fatto fino a questo momento. Rendendo possibile la chiusura dello stesso.

Cosa è successo con Ita Airways nelle ultime ore

Nelle settimane scorse si erano presentate alcune criticità quando Lufthansa ha chiesto uno sconto sul prezzo a Ita Airways. Lasciando la compagine italiana sconvolta dalla richiesta. Con tutti quanti timorosi che l’intesa potesse saltare. Nonostante tutto il lavoro fatto per poter ricevere il via libera dalla Commissione europea.

Non dobbiamo dimenticare tutti quei mesi nei quali il vettore italiano e quello tedesco hanno lavorato per trovare una quadra. Ma soprattutto rispondere alle esigenze relative alla concorrenza richieste dall’Antitrust europeo. Ieri è stato possibile quindi, infine, consegnare I documenti necessari a Bruxelles affinché questa operazione possa concludersi definitivamente.

Non è stato facile, c’è voluto molto impegno da parte dei legali di entrambe le parti. Soprattutto perché lo sconto sul prezzo richiesto dai tedeschi in base al contratto, non è stato ritenuto tale dal Mef. La linea di fermezza attuata dal ministro Giancarlo Giorgetti ha funzionato, mettendo tutti quanti davanti alle proprie responsabilità. E dimostrando come la chiusura dell’accordo sarebbe stata l’unica soluzione auspicabile.

Come spiegano dal Mef, “sono stati inviati alla direzione generale della concorrenza della Commissione europea” tutti i documenti richiesti relativi agli accordi firmati necessari per “l’ingresso di Deutsche Lufthansa nel capitale Ita Airways”. La nota del Tesoro ha sottolineato come si attenda fiduciosi ora l’approvazione definitiva da Bruxelles per eseguire il closing dell’operazione.

Commissione europea ottimista

Probabilmente l’unica parte effettivamente ottimista, nell’attesa che documenti venissero inviati, è stata proprio la Commissione europea. La quale era convinta che le parti potessero trovare un punto di incontro. Tornando un attimo indietro dobbiamo sottolineare che secondo i tedeschi lo sconto sarebbe potuto essere, in base a indiscrezioni stampa susseguitesi, tra i 10 e i 90 milioni della seconda tranche da versare al Tesoro.

Un atto legato qlla presunta perdita di valore di alcuni asset di Ita Airways in attesa del closing. Dobbiamo sottolineare che con molta probabilità, a prescindere dalle intenzioni di poter risparmiare su qualcosa, sia i tedeschi sia gli italiani erano convinti di voler portare a casa l’accordo di acquisizione.

E a quanto pare lo stesso presidente di Ita Airways Antonino Turicchi avrebbe avuto un ruolo primario nel mediare, insieme al capo dipartimento economia del Mef Marcello Sala. Fattore molto apprezzato dal ceo di Lufthansa Carsten Sphor. La verità? A prescindere da tutto, l’importante è che l’accordo sia stato finalmente firmato.

Bitcoin vola grazie a Donald Trump

Il Bitcoin vola grazie alla rielezione di Donald Trump è questo non ci stupisce. Sia per ciò che è stato promesso in merito al mercato dedicato, sia per le naturali conseguenze di un simile voto.

Bitcoin in salita per diverse ragioni

Partiamo dalle promesse fatte dal futuro presidente degli Stati Uniti in merito al Bitcoin e al mercato delle criptovalute. A differenza di altri governi, quello di Donald Trump non reputa necessario sostenere un’economia green o combattere gli sprechi di energia. E questo ha molto a che fare con il mining delle criptovalute.

Si tratta infatti di un’attività che purtroppo spende moltissima energia e di conseguenza produce moltissime emissioni. In questi ultimi anni l’America ha cercato di contenere i danni, imponendo determinati regole. Se le promesse verranno mantenute però, i miner in generale non incontreranno più problematiche di sorta.

Il Bitcoin esce rafforzato perché Donald Trump ha spiegato come se eletto avrebbe portato la moneta digitale a non penare regole troppo restrittive e già questo, da solo, basterebbe a spiegare perché il mercato delle criptovalute e Bitcoin in testa stanno facendo registrare alti valori. Meno regole, più libertà e di conseguenza maggior valore.

La promessa di rendere gli Stati Uniti capitale mondiale del Bitcoin e delle criptovalute, parole di Trump, di sicuro sta spingendo la moneta. Il problema non è però questo. Dobbiamo infatti ricordare che il Bitcoin e le altre criptovalute sono considerate nonostante l’alta volatilità, dei beni di rifugio. E di conseguenza, quando a livello geopolitico la situazione si fa più difficile, questa moneta digitale tende a salire. Non ci stupirebbe vedere anche le altre seguire questa linea.

Situazione geopolitica importante

donald trump vuole taglio tassi di 100 punti

Soprattutto perché dal prossimo gennaio potremmo vedere gli Stati Uniti sostenere ancor di più apertamente alcune situazioni. Nello specifico Vladimir Putin. E questo potrebbe significare l’iniezione nelle casse dello Stato russe di liquidità in grado di sostenere i militari nell’attacco contro l’Ucraina.

Sono moltissime le ragioni per le quali quindi il Bitcoin sale. E purtroppo alcune di esse, se viste con occhio obiettivo, sono tutt’altro auspicabili. Di certo tutto quel che sta accadendo farà la gioia di coloro che possiedono questa moneta digitale. E viene da chiedersi, ancora una volta, se il guadagno valga la candela.

Anche perché alla fine a guadagnare ancora una volta sarà sempre. Dato che già a ottobre, senza troppo clamore, è stata lanciata la sua piattaforma dedicata alle valute digitali chiamata Word Liberty Financial che consente di non sfruttare più la banca come intermediario

 

Pensioni minime, aumento di 3 euro

L’aumento delle pensioni minime previsto dalla Manovra 2025 è pari a circa 3 euro. Di certo non è difficile chiedersi perché la notizia abbia creato tanto scalpore.

Come si è arrivati a questo intervento sulle pensioni

La coperta dei fondi nella Legge di Bilancio potrà essere anche corta. Ma preventivare un aumento di 10 centesimi al giorno non basta a far sostenere che si sia lavorato in modo sufficiente sulle pensioni. E se si fanno battute su un’impossibilità di scialacquare con questi aumenti in parte lo si fa per sdrammatizzare.

Chissà cosa si pensa che possa esser fatto con 3 euro in più sull’assegno. Dato che si parte da un assegno di 614,7 euro per arrivare a 617,9 euro. È bene tener da conto contestualmente che l’inflazione per i beni al largo consumo si trova all’1%. E a conti fatti quasi viene perso del potere d’acquisto.

Volendo scendere più nello specifico come ha fatto anche Il Fatto Quotidiano, il testo della manovra in tal senso è anche abbastanza complesso da comprendere. Dato che si rimanda a quello che era scritto nella Legge 197 del 2022, nella quale veniva indicato un aumento straordinario del 2,7% nel 2024 per rispondere agli aumenti portati dall‘inflazione.

Reazioni di sconforto e sarcasmo

Legge vuole che questo aumento per il 2025 sia fissato al 2,2% per poi scendere all’1,3% nel 2026. La cosa divertente, tecnicamente parlando, è che l’aumento nella manovra viene calcolato sulla base precedente all’aumento del 2022. Questo porta quindi le pensioni minime, per l’appunto, ad aumentare di 3 euro a mensilità. Tra l’altro, va sottolineato, che questo provvedimento della Manovra praticamente dimezza l’aumento da 6 euro esistente portando quindi nelle Casse dello Stato un risparmio di 5,4 milioni di euro al mese.

Sono stati quindi in molti a chiedersi perché si sia agito in tal senso rispetto alle pensioni minime. Per quanto non si voglia entrare nel merito politico della questione, va detto che il tweet pubblicato da Giuseppe Conte, leader 5 stelle, rischia di riassumere quello che pensa chiunque legga questa notizia. Questo perché l’ex premier, dopo aver sottolineato l’esiguità dell’aumento di 10 centesimi al giorno sulle pensioni minime, ricorda quando venivano, proprio dai vertici dell’esecutivo, promesse pensioni minime a 1.000 euro al mese.

In un momento in cui le persone, pensionati o meno, talvolta sono costretti anche a non curarsi proprio per la mancanza di fondi. La maggior parte delle reazioni a questo provvedimento in Manovra è quello di voler evitare di commentare se non con del sarcasmo. E non si può di certo dar torto in tal senso. Sarà però possibile, nelle prossime settimane, aspettarsi manifestazioni e scioperi.

Google, Governo USA vuole “spezzettarla”

Google rischia di essere letteralmente spezzettato da parte del Governo americano per mettere un punto al suo monopolio all’interno del settore delle ricerche online.

Cosa potrebbe accadere a Google

Non è una novità che le diverse amministrazioni statunitensi abbiano focalizzato la propria attenzione sul rispetto della concorrenza da parte di Google. Va detto che si tratterebbe di un tentativo davvero senza precedenti di limitare quella che è forse l’azienda tecnologica più forte al mondo. Rumors a riguardo erano già usciti qualche settimana fa.

A confermare quella che potrebbe essere l’intenzione nel governo americano è il Financial Times online, riprendendo ciò che è emerso da un documento del Dipartimento di Giustizia. Arrivato dopo la vittoria di un caso storico ad agosto dove è stato riconosciuto da un giudice che Google abbia violato la legge antitrust. Fu proprio in quel momento che si iniziò a parlare di un possibile spezzatino di Google. Ora esiste però un documento nel quale sarebbero elencate dettagliatamente le sanzioni che potrebbero essere applicate per questa grande del Big Tech.

Rimedi definiti strutturali e comportamentali che impedirebbero all’azienda di utilizzare il sistema operativo Android, l’app store Play e il browser Chrome per favorire il proprio motore di ricerca rispetto agli altri. Tra le possibilità prese in considerazione vi è anche quella che Google condivida i propri dati di ricerca con le sue concorrenti. Limitando, tra l’altre cose, i suddetti per l’addestramento di prodotti e modelli basati sulla intelligenza artificiale generativa.

Pronte sanzioni di diversa tipologia

Il giudice Mehta, al quale il caso è stato affidato, potrà contare su questo documento di ben 32 pagine depositato dal Dipartimento di Giustizia per la sua decisione. Al suo interno è infatti contenuto sia un rimedio iniziale che quelli da applicare per arrivare alla seconda fase dove le sanzioni dovranno essere applicate.

Lo scorso agosto è stato riconosciuto come Google abbia speso miliardi di dollari per dar vita ad accordi esclusivi capaci di mantenere il monopolio illegale sulle ricerche. Una sentenza simile si ebbe 24 anni fa quando il Dipartimento di Giustizia ottenne una sentenza di scioglimento per Microsoft. In quel caso l’accusa era quella di aver soffocato illegalmente la concorrenza e la sentenza fu annullata un anno dopo.

Se Google fosse costretta a spezzettarsi per via della sentenza antitrust ci troveremo davanti a un avvenimento senza precedenti. Sarà interessante vedere cosa Google sarà pronta a depositare come proposta nella seconda fase del processo. Cambiamenti così epocali non devono essere presi sottogamba. Avrebbero infatti conseguenze devastanti non solo per gli utenti ma anche per l’occupazione.

Microsoft pronta a grande investimento in Italia

Microsoft è pronta a investire in Italia. Per una cifra che fa davvero girare la testa: ha promesso ben 4,3 miliardi di euro nei prossimi due anni. Per uno scopo, tra l’altro, ben preciso.

microsoft

Cosa intende fare Microsoft

Parliamo di intelligenza artificiale e delle sue infrastrutture e della capacità cloud nel nostro paese. Due elementi effettivamente necessari, soprattutto il secondo. La soddisfazione è stata così ampia che la premier Giorgia Meloni ha incontrato il presidente Brad Smith, sottolineando con soddisfazione l’accordo che darà modo di “consolidare il ruolo dell’Italia come hub digitale nel Mediterraneo”.

Sia per l’indotto che per altre motivazioni è decisamente importante che grandi aziende investano nel nostro paese. E Microsoft è senza dubbio una delle più importanti e solide. L’Italia da questo punto di vista, ovvero per ciò che concerne l’informatica e tutto ciò che ne consegue sta tentando di non rimanere indietro. Microsoft è uno dei big tech che più stanno guardando all’Italia per alcune sue nicchie di mercato. Potremmo fare anche l’esempio di Elon Musk e della sua Starlink.

Per quanto riguarda Microsoft si parla anche di un possibile interesse o sostegno proveniente da Blackrock, uno dei fondi americani più ricchi e attivi nel nostro paese. Le ultime voci vogliono che sia interessata a introdurre la sua presenza anche per quel che riguarda la privatizzazione di Ferrovie dello Stato.

Tutto per creare occupazione e prosperità

Palazzo Chigi ha sottolineato che l’incontro con il capo di Microsoft faceva parte di una “serie di contatti presi dal presidente Giorgia Meloni con esponenti del settore dell’innovazione”. Prescindendo da qualsiasi proclama, va detto che per quel che concerne il settore specifico, un investimento da parte di Microsoft potrebbe rivelarsi decisamente importante non solo dal punto di vista tecnico, ma anche dal punto di vista occupazionale.

La Presidenza del Consiglio sottolinea che un maggiore impegno dell’intelligenza artificiale potrebbe dare alle imprese e alle forze lavoro, nonché al Governo italiano tutti i mezzi per “costruire un’economia […] che crei occupazione e prosperità”.

Di certo un investimento così imponente come quello rappresentato dai 4,5 miliardi di euro da parte di Microsoft potrebbe davvero favorire l’indotto di competenza. Soprattutto in un momento nel quale la Penisola ha bisogno, anche per la sua transizione green, di ampliare l’operatività in questo specifico settore.

Di certo queste che al momento sono parole devono tramutarsi in fatti. Soprattutto per quel che concerne le infrastrutture legate all’intelligenza artificiale che, attualmente, non sono particolarmente brillanti sul nostro territorio. Con la speranza che Microsoft non venga considerata, come già accade da parte di alcuni complottisti, come il male sul territorio piuttosto che come una opportunità.

Stellantis, si pensa ad alternativa a Tavares

A Stellantis pensano a un’alternativa al ceo attuale, Carlos Tavares. È prevista infatti per ottobre una riunione del consiglio di amministrazione nella quale discutere di un suo eventuale successore.

Stellantis pensa in anticipo al cambio

Carlos Tavares è a capo di Stellantis dal 2021 e, a dare la notizia di questo cambiamento in corso, è stata la stessa azienda. La quale ha sottolineato che non ha nessuna fretta di eseguire il cambiamento, ma di voler semplicemente saggiare le diverse opzioni con largo anticipo.

La chiusura del rapporto lavorativo tra Stellantis e l’attuale amministrazione delegato è infatti prevista per il 2026. L’azienda sottolinea che non sono previsti cambi improvvisi, scossoni di nessun genere e lo stesso John Elkann ha confermato di non voler lanciare segnali di tipo preoccupante al mercato.

Una spiegazione potenzialmente credibile se non fosse che per il prossimo 18 ottobre Fim, Fiom e Uilm hanno proclamato uno sciopero lanciando un vero e proprio allarme per ciò che riguarda Mirafiori e la produzione delle auto in Italia.

Non si può infatti far finta di non vedere come, rispetto a settembre del 2023, vi sia stato un calo di oltre il 70% delle macchine assemblate. E anche di come Mirafiori, nel torinese, stia passando un periodo di crisi molto intenso. C’è il rischio infatti che siano ben pochi i giorni lavorativi per una buona porzione degli operai, non protetti dal contratto di solidarietà.

Tornando alla questione dell’amministratore delegato, nonostante le dichiarazioni, secondo Bloomberg il presidente John Elkann non sarebbe soddisfatto di come l’azienda sia stata gestita da Carlos Tavares. Soprattutto negli Stati Uniti dove è avvenuto un rallentamento molto importante degli ordini pari al 18%.

Azienda in periodo di transizione turbolento

Tavares lo scorso luglio ha ammesso che Stellantis stia affrontando attualmente “un periodo di transizione molto turbolento”. Un eufemismo se si pensa a ciò che sta avvenendo anche in Italia. E se le sue previsioni parlano di una ripresa entro la seconda metà di quest’anno, mancano comunque dati consolidati a riguardo. E alcune situazioni, come quelle italiana, parlano da sole.

L’America è importante perché al momento è quello il mercato sul quale il gruppo Stellantis riesce a guadagnare di più. Il consiglio di amministrazione di ottobre si riunirà ad Auburn Hills, nei pressi di Detroit dove l’azienda ha una sede.

E la ricerca di un nome di profilo altissimo per la sostituzione di Carlos Tavares è all’ordine del giorno. Nella nota inviata all’AFP da Stellantis si legge che “a poco più di un anno dalla fine di un contratto quinquennale […] è abbastanza normale che un consiglio di amministrazione esamini l’argomento con la necessaria anticipazione”. Sottolineando l’importanza della posizione e senza dar vita a polemiche.

Unicredit compra il 9% di Commerzbank

Unicredit ha acquisito il 9% di Commerzbank, attraverso una partecipazione azionaria. Potrebbe questo diventare un primo passo per simili operazioni da parte di altri istituti europei?

unicredit blocca dividendi fino ottobre

Investimento importante di Unicredit

È questo ciò che pensano diversi esperti. Analizzando l’operazione dal punto di vista tecnico, il 4,49% del 9% acquisito da Unicredit è stato acquistato attraverso un’offerta di accelerated book building condotta per conto “della Repubblica federale di Germania in linea con l’intenzione di quest’ultima di ridurre la propria partecipazione” all’interno di Commerzbank. La percentuale restante è stata invece ottenuta attraverso operazioni di mercato. E stata la stessa banca guidata da Andrea Orcel a rendere nota l’acquisizione prima dell’apertura dei mercati.

L’Agenzia delle finanze tedesca ha spiegato che Unicredit ha ottenuto il 4,49% del capitale attraverso il pagamento di 13,2 euro per azione.  Per un totale di circa 702 milioni di euro sborsati dall’Istituto di credito. Nella nota condivisa riguardante l’operazione, Unicredit ha evidenziato il proprio supporto agli attuali consigli di gestione e di sorveglianza di Commerzbank. E di essere sostenitrice dei progressi raggiunti finora dall’Istituto per migliorare le proprie performance.

Diventando parte del capitale della banca tedesca Unicredit potrà verificare insieme a questa quali sono le possibilità di creazione di valore per gli stakeholder di entrambe le banche europee. L’istituto di Andrea Orcel ha inoltre sottolineato che qualsiasi decisione che verrà presa in quanto a investimenti e legata alla partecipazione, sarà collegata anche a quelli che sono i parametri finanziari severi di Unicredit.

Quest’ultima ha fatto inoltre sapere che, se lo riterrà necessario per la sua crescita, chiederà alle autorità competenti l’autorizzazione per crescere all’interno dell’istituto. Per superare la soglia del 9,9% del capitale.

Soddisfazione del governo tedesco

Anche il governo tedesco ha espresso soddisfazione per la conclusione dell’operazione, evidenziando come Commerzbank sia ora in grado di potersi sostenere con le proprie gambe. Motivazione per la quale è occorsa questa prima vendita parziale del capitale in mano al governo tedesco.

Dobbiamo ricordare che, nonostante questa cessione, l’esecutivo teutonico rimane il principale azionista della banca. Unicredit ha spiegato che l’acquisto della partecipazione è parte nelle sue strategie di crescita. E che l’investimento stesso è ampiamente avvenuto all’interno dei parametri da lei stabiliti. Ha inoltre assicurato che l’operazione non sarà motivo di rallentamento per l’esecuzione di Unicredit unlocked. E dell’impegno nei confronti di tutti gli azionisti al raggiungimento di una crescita sostenibile e redditizia.

A livello tecnico, l’acquisizione ha un impatto sul Cet 1 ratio di Unicredit pari a circa 15 punti base. Unicredit ha comunque assicurato che non avrà conseguenze sull’attuale politica di distribuzione. Nota curiosa: l’operazione spegne del tutto le indiscrezioni che volevano la banca di Orcel pronta ad acquistare realtà italiane come Banco BPM.