Mario Draghi aggiorna il Quantitative Easing lanciato un anno fa dall Bce, azzerando i tassi e ampliando gli acquisti.

Mario Draghi aggiorna il Quantitative Easing lanciato un anno fa dall Bce, azzerando i tassi e ampliando gli acquisti.

Il Ftse Mib ha archivia la seduta odierna con un +0,78% a 18.348 punti, continuando il recupero dell’ultimo periodo. In leggero rialzo anche l’Ibex (+0,03%) mentre il Cac-40 ha perso lo 0,2%, il Dax lo 0,25% e il Ftse 100 lo 0,27%.

Il board amministrativo della Bce ha deciso di mantenere i tassi di interesse di riferimento invariati. In riferimento alle misure di politica monetaria non standard, il QE sta procedendo senza intoppi e continua ad avere un impatto positivo sulla disponilbilità di credito per le imprese e i cittadini.
Il piano della Bce sta contribuendo al rafforzamento della crescita. Tuttavia, le incertezze connesse alla politica e in primis al caos greco rimagono d’intralcio alla stabilità dell’Eurozona.
Non è un buon momento per i titoli governativi del Vecchio Continente. Dopo un lungo periodo di risalita delle valutazioni e nonostante gli acquisti della Banca centrale europea ormai avviati, è stato fatto registrare un andamento al ribasso per i bond sovrani.

Sono giorni di fermento sui principali listini, a partire da quello nazionale e spostando l’asse su quelli internazionali.
C’è grande attesa per la riunione della Banca centrale europea che si terrà nella giornata di domani, giovedì 4 dicembre, e che secondo la maggioranza degli operatori potrebbe essere risolutiva per l’avvio del piano di Quantitative Easing.
Il programma di acquisto di covered bond da parte della Banca centrale europea, capitanata da Mario Draghi, per far ripartire l’inflazione prosegue a gonfie vele. Naturalmente, mercate e banchi si attendono le prossime mosse. Alcune delle quali sono state già annunciate.
La Banca Centrale Europea ha rivisto le proprie principali previsioni sull’andamento dell’economia del vecchio Continente e dell’Unione Europea. Secondo quanto afferma l’istituto monetario, le priorità dell’Eurozona rimangono il lavoro (in particolare, l’occupazione giovanile), e la realizzazione dell’Unione Bancaria. Nel bollettino mensile dell’Eurotower, anche nuove indicazioni sulla frenata del prodotto interno lordo.
Il periodo di austerità sembra essere agli sgoccioli, e anche i più assidui sostenitori della rigidità di bilancio (i tedeschi) stanno lentamente cedendo sotto i colpi delle principali istituzioni internazionali. Lo stesso commissario agli Affari economici e monetari, Olli Rehn, ha infatti aperto alla possibilità di un bilancio meno inflessibile, pur ribadendo la necessità di un consolidamento dei risultati, necessario ed essenziale.
Non accenna ad arrestarsi l’escalation di difficoltà degli investimenti e dei consumi da parte del settore privato europeo. Stando agli ultimi dati macroeconomici giunti in pubblicazione, la nuova contrazione ha avuto modo di estendersi anche alla più forte economia e finanza tedesca: un elemento che sembra supportare l’invito implicito alla Banca Centrale Europea relativo al taglio dei tassi di interesse nella seduta in programma la prossima settimana.
Lo scenario dei mercati europei appare ancora problematico, nonostante i passi in avanti compiuti a partire dall’estate scorsa con il lancio dello scudo anti-spread e le rassicurazioni giunte dal governatore della Bce, Mario Draghi. Dopo il salvataggio shock di Cipro, c’è anche la Slovenia a rischio default, mentre sullo sfondo resta fragile la situazione dell’Italia, alle prese con gravi problemi di natura politica oltre che economici. Ad ogni modo, secondo quanto dichiarato da Gianluca Oderda, responsabile degli investimenti quantitativi di Ersel, non esiste alcun rischio-euro.
Il voto inconcludente delle elezioni politiche italiane del 24 e 25 febbraio ha fatto alzare la guardia agli investitori internazionali, che temono un lungo periodo di instabilità politica per la terza economia del vecchio continente. Il rischio è quello di assistere a un impasse politico-economico preoccupante, soprattutto se si considera che i dati macroeconomici degli ultimi mesi sono stati al dir poco inquietanti. Cosa può succedere se la crisi peggiora? Lo spread dovrebbe salire ulteriormente, muovendosi tra 350 e 400 punti base.
Dopo essere stato una delle asset class più profittevoli del 2012, l’obbligazionario viene giudicato meno attraente per i prossimi mesi da molti gestori di fondi. Tra questi c’è anche Paul Read, uno dei due responsabili del fixed income del colosso americano del risparmio gestito Invesco. Secondo Read, nei prossimi dodici mesi non esiste il rischio di un crollo delle quotazioni nel mercato del reddito fisso e neppure quello di un sell-off dei bond governativi e dei corporate bond.