Metalli non ferrosi: preoccupano i dati sullo stagno

Le quotazioni dello stagno, uno dei principali metalli non ferrosi che vengono scambiati presso il London Metal Exchange, stanno mettendo in luce dei rialzi e delle performance davvero interessanti: nel corso di questi ultimi giorni, poi, il prezzo cash è riuscito a raggiungere quota 29 dollari, un valore che deve essere confrontato con le stime relative ai tre mesi. Una delle caratteristiche principali del mercato dello stagno è, senza dubbio, la sua scarsa liquidità, dunque non devono mai sorprendere più di tanto le eccessive oscillazioni economiche. L’incremento del 2010 è pari a venti punti percentuali, ed è quindi logico ipotizzare un ulteriore rafforzamento e lo sfruttamento del rally da parte del relativo contratto future. Comunque, bisogna anche tener conto di altri elementi determinati. Anzitutto, le scorte del metallo hanno subito un pesante crollo, un calo che non veniva registrato da tre mesi almeno; inoltre, l’Indonesia, con le sue difficili condizioni climatiche, ha provveduto a rendere più negativa l’attuale situazione, visto che si tratta della principale nazione a livello globale per quel che concerne le esportazioni.


Il primo semestre, tra l’altro, ha visto ridursi l’export di oltre quattordici punti percentuali rispetto allo stesso riferimento del 2009, tanto che JpMorgan ha già annunciato che l’output nel breve termine dovrebbe aggirarsi attorno alle 75.000 tonnellate. Ciò nonostante, Asia, Europa e Stati Uniti hanno aumentato i propri consumi, anche perché bisogna ricordare che lo stagno viene utilizzato in gran prevalenza nel campo dell’elettronica.

Che cosa ci si deve attendere per i restanti mesi di quest’anno? Le previsioni più attendibili giungono dall’International Tin Research Industry: in questo caso, si parla già di un rialzo pari al 10,7%, un aumento in grado di far raggiungere i livelli quantitativi di due anni fa circa. Infine, non si dovrebbero registrare sostanziali variazioni nella produzione mondiale, il che equivale a dire che l’offerta subirà un deficit pari a 15.000 tonnellate.

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