Investire nei fondi con copertura del rischio di cambio

Molti risparmiatori spesso si espongono al rischio di cambio in modo inconsapevole ogni volta che decidono di investire al di fuori della zona euro. Accade, ad esempio, quando si acquistano quote di fondi comuni di investimento azionari o obbligazionari globali, oppure di settori specifici di particolari aree geografiche oppure specializzati in materie prime. Anche se il fondo è denominato in euro, molti titoli presenti nel portafoglio del fondo sono espressi in valuta estera (dollari, yen, sterline, franchi, etc.).

Ciò vuol dire che le valute possono influenzare sensibilmnte la performance complessiva del fondo stesso, a meno che non ci sia una copertura totale dal rischio di cambio. Secondo uno studio condotto da Morningstar, l’esposizione media al dollaro americano da parte dei fondi azionari internazionali che investono in large caps è del 35%, mentre il 16% è in sterline, il 13% in euro e il 5% in yen e franchi svizzeri. Nei fondi obbligazionari globali il peso del dollaro americano è del 33%, l’euro segue con il 21%, poi ci sono yen e sterline all’11%.

La presenza di numerosi incroci valutari può generare risultati negativi, come si evince da uno studio di Mediobanca condotto su fondi e sicav di diritto italiano. Infatti, in cinque dgli ultimi dieci anni i titoli denominati in valute estere hanno contribuito negativamente sui rendimenti di fondi aperti e chiusi. Quindi, l’esposizione al rischio di cambio è concettualmente valida solo se rientra nell’ambito di una precisa strategia dell’investitore, altrimenti è meglio investire in fondi con classe currency hedged, ovvero coperti dal rischio valutario.

Il costo di quest’ulteriore servizio è trascurabile: mediamente l’aggravio si aggira intorno allo 0,02% o al massimo allo 0,05%. Le società di asset management che presentano una maggiore copertura dal rischio valutario per i loro fondi di investimento sono Janus Capital (100%), Ubp (74%), Franklin Templeton (43%), AllianceBernestein (42%) e Lombard Odier (40%). Per alcuni fondi, però, ha poco senso coprire il rischio valutario, in quanto alla base della logica stessa dell’investimento. Si tratta dei fondi che investono in bond di paesi emergenti: qui il 60% circa della performance dei fondi deriva dal movimento delle valute estere diverse dall’euro.

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