Brasile: la fuga degli investitori sembra soltanto temporanea

La progressiva uscita di investitori internazionali dai mercati del Brasile è un fenomeno che sta interessando la nazione sudamericana da alcuni mesi: analisti ed economisti, comunque, hanno spiegato che si tratta di una situazione temporanea e provocata dall’atteggiamento dei manager finanziari, sempre più propensi a vendere titoli azionari locali e obbligazioni in modo da conquistare nuovi assets in altri paesi, tra cui le economie sviluppate. Lo stock exchange verdeoro, meglio conosciuto come BM&FBovespa, ha fatto sapere giusto due giorni fa che i ritiri finanziari da parte degli investitori ammontavano a circa 1,2 miliardi di reais (716 milioni di dollari) a febbraio. Non bisogna dimenticare, inoltre, che gli investitori stranieri rappresentano ben il 34% delle transazioni totali della borsa brasiliana, anche se, a dire la verità, solo due mesi fa la percentuale era leggermente più alta.


Secondo Greg Lesko, fund manager presso Deltec Asset Management, chi vuole focalizzare le proprie strategie di portafoglio sui mercati emergenti vive il periodo attuale con una forte preoccupazione, vale a dire quella di subire forti flussi in uscita; le opportunità di crescita si sono trasferite proprio dalle piazze in fase di sviluppo a quelle già sviluppate, ma lo stesso Lesko non pensa assolutamente a un fenomeno di lungo termine.

Gli investitori dei mercati azionari sono piuttosto cauti e stanno osservando con attenzione la crescita dei tassi di interesse decisi dalla banca centrale del Brasile; i policy makers hanno già provveduto a incrementare il tasso Selic (si tratta del tasso overnight di riferimento, quello cioè a cui le banche prestano soldi per ventiquattro ore) di mezzo punto percentuale, tanto che ora si è attestato all’11,75% annuo. La crisi del Medio Oriente e dell’Africa settentrionale, con i conseguenti rialzi del petrolio, potrebbe aver contribuito a far uscire molte persone da questi mercati: i rischi esistono come in moltissime altre piazze, ma il Brasile rimane pur sempre una democrazia autosufficiente dal punto di vista petrolifero.

Lascia un commento