Tassa sulle Transizioni Finanziarie

In Europa si torna a parlare di tassa sulle transizioni finanziarie. La crisi dell’Euro e quella della Grecia ha messo in mostra la parte peggiore dell’Europa; l’Unione non è così stretta come potrebbe sembrare e non basta la moneta unica a far sentire vicini i membri dell’UE. La grande differenza tra gli Stati Uniti e l’Euro sta proprio nel fatto che anche se gli Stati dell’America sono indipendenti, rispondono comunque ad un solo organo politico che si preoccupa di tutelare tutti i membri. In Europa la Commissione Europea è vista con distacco e la distanza è stato il problema quando si è trattato di dover “salvare” la Grecia.

Non avendo previsto un fondo salva-stati, dopo il fallimento di tutte le proposte della Commissione Europea il salvataggio della Grecia è avvenuto in “zona cesarini” ed è comunque un default controllato, quindi una mezza sconfitta.

Per unificare l’impegno degli Stati membri a contribuire attivamente alle finanze Europee (che un giorno potrebbero aiutare un qualsiasi Stato membro che si trova nella condizione della Grecia) viene riproposta la Transaction Tax, la tassa sulle transizioni finanziarie già accettata da nove Stati membri tra cui Germania e Francia. Il Presidente della Commissione Europea Martin Schulz ripropone la tassa, che andrebbe a colpire banche, assicurazioni e tante altre transizioni che entro il 2020 garantirebbero il 50% del contributo degli Stati membri all’UE.

L’intervento sarebbe di proporzioni enormi, e proprio per questo la Commissione Europea preme per l’attuazione. Con il doppio fondo salva-stati (permanente e temporaneo) l’impegno dell’Unione Europea verso gli Stati membri diventa concreto e per questo è il momento di cominciare a contribuire attivamente. Con l’intervento sulle transizioni finanziarie il ritorno sarebbe assicurato e continuo, visto che sono la base per il funzionamento di qualsiasi sistema presente in Europa.

LA FRANCIA VARA LA TASSA SULLE TRANSIZIONI FINANZIARIE

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