Prezzo del petrolio ai minimi in Asia

Aumenterà a dicembre il prezzo delle forniture del petrolio da parte di Saudi Aramco. Il rincaro riguarderà tutti i clienti, eccezion fatta per i clienti statunitensi. La pubblicazione degli Official Selling Price (Osp) da parte di Riyadh ha sorpreso visibilmente il mercato.

Il listino, atteso dagli operatori in maniera impaziente per questa settimana, è stato diffuso ieri nel tardo pomeriggio europeo e ha immediatamente imposto un’inversione di rotta in confronto alle quotazioni del greggio. Il rialzo è comunque durato ben poco: il Brent ha ripreso a scendere verso la fine della sessione, chiudendo a 84,78 dollari al barile (-1,3%), mentre ancora più pesante è stato il crollo del Wti, che ha addirittura concluso al minimo da giugno 2012: 78,78 $/bbl (-2,2%).

Una reazione controintuitiva, principalmente per il riferimento europeo. A maggior ragione perché un’altra notizia poteva stimolare indicazioni al rialzo sui mercati petroliferi.

Gli analisti sono rimasti spiazzati:

La strategia saudita appare meno chiara di quanto si pensasse. Si pensava che la potenza petrolifera, leader de facto dell’Opec, puntasse oggi a difendere la sua quota di mercato piuttosto che le entrate e che fosse disposta a sopportare una forte discesa delle quotazioni del greggio pur di costringere i concorrenti a farsi da parte, frenando le produzioni più costose (come per l’appunto lo shale oil negli Usa o le sabbie bituminose nel Canada). Un passo cruciale di questa presunta strategia era stato l’ennesimo taglio dei listini annunciato per novembre da Saudi Aramco , che aveva spinto ai minimi da sei anni i prezzi di vendita per l’Asia. Analoghi sconti annunciati nei giorni successivi da Iran, Iraq e Kuwait avevano fatto parlare di una «guerra dei prezzi» all’interno dell’Opec, accelerando ulteriormente la discesa delle quotazioni petrolifere, fino a spingere il Brent ai minimi da 4 anni, sotto 85 dollari.

 

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