Petrolio, quotazioni in caduta libera

Le quotazioni del petrolio si dirigono ancora una volta sulla soglia dei trenta dollari al barile, segnando un altro calo sostenuto, a seguito dei rialzi dei giorni scorsi, interrotti dal crollo di ieri.

Il prezzo del Wti lascia sul terreno il 5,44% a 29.60 dollari, mentre il Brent cede il 5,72%, scendendo a 32,28 dollari al barile intorno alle ore 16 (ore italiane). Il greggio americano è sceso pertanto sotto la soglia dei 30 dollari per la prima volta dal 21 gennaio scorso.

La tensione sul mercato è causata dalle poche speranze riposte verso un taglio concordato della produzione tra l’OPEC e la Russia. Oggi, il ministro del Petrolio di Mosca, Alexander Novak, e il collega venezuelano Eulogio Del Pino si sono incontrati su richiesta di quest’ultimo, il quale sta cercando di convincere i top player a diminuire le estrazioni per sostenere i prezzi. Tuttavia Goldman Sachs definisce “altamente improbabile” un simile evento, perché i grandi produttori temono che a beneficiarne sarebbero le compagnie americane e l’Iran, appena tornato ad esportare sui mercati esteri.

E gli ultimi dati disponibili giustificherebbero il pessimismo degli investitori. La Russia ha prodotto a gennaio la media di 10,88 milioni di barili al giorno, in aumento dai 10,83 milioni di dicembre e ai massimi degli ultimi 30 anni. Al contempo, un sondaggio Reuters ha stimato un aumento delle scorte di greggio negli USA di 4,7 milioni di barili al termine della settimana scorsa, salendo al nuovo record di 499,6 milioni di barili.

Sia il dato russo che quello in attesa di riscontro degli USA dimostrano che nessun grande produttore del pianeta segnali un rallentamento dell’output. L’accumulo delle scorte in America è sintomatico, infatti, di una produzione superiore alla domanda, che in parte viene accantonata nei serbatoi e sulle navi cargo, per essere rivenduta a prezzi maggiori in futuro.

 

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