Investire in tecnologia conviene

Gli investimenti in tecnologia digitale convengono, e fanno bene alle aziende (in particolare, alle piccole e medie imprese che spesso, in passato, hanno trascurato gli impieghi nel settore). A tale conclusione è giunta l’indagine contenuta nel nono report Unicredit sulle pmi, presentato pochi giorni fa a Roma, e in grado di premiare il valore aggiunto che gli investimenti nell’hi-tech sono in grado di conferire alle attività imprenditoriali italiane.

A parlarne è stata, negli scorsi giorni, anche Rossella Bocciarelli su Il Sole 24 Ore, che commentando i risultati dell’analisi sopra citata ricorda come “sia le piccole sia le medie aziende si dichiarano molto più fiduciose se utilizzano tecnologie digitali (+6% è il delta per le piccole, +7% per le medie) e, tra queste, la pratica della funzione vendite tramite l’ecommerce sembra renderle ancora più ottimiste” (in proposito, qui il nostro approfondimento su dove investono i migliori fondi).

“Un’azienda più digitale oggi ha quasi sempre più credito perché ha piani di business più chiari e misurabili. È insomma” – ha aggiunto nell’articolo il direttore generale di Unicredit, Roberto Nicastro – “un’azienda che fa meglio l’azienda”.

Il report Unicredit dimostra tuttavia come il digital divide “rimanga particolarmente penalizzante per le imprese italiane, soprattutto quelle piccole e medie, ancora troppo distanti dalle opportunità di un buon livello di digitalizzazione”.

Contemporaneamente, Stefano Parisi, presidente di Confindustria digitale, ha sottolineato come la soluzione non sia il ricorso a incentivi pubblici per sviluppare le tecnologie informatiche, ma un più compleso sgretolamento del sistema di potere che impedisce un opportuno progresso nella digitalizzazione della pubblica amministrazione: “Di carta d’identità elettronica si parla da 20 anni e non è mai stata fatta perché i comuni non vogliono integrare i propri sistemi informatici” – ha aggiunto Parisi.

Il report Unicredit si chiude ricordando come negli ultimi 10 anni “un numero crescente di piccole imprese ha rivolto la propria attenzione ai mercati internazionali e ciò e avvenuto con un’accelerazione progressiva a partire dal 2007, punto massimo del precedente ciclo economico”.

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