Capitali in fuga dall’Italia nel 2012 secondo il Fmi

Nel Rapporto sulla stabilità finanziaria globale del Fondo Monetario Internazionale, presentato questa mattina a Tokyo, emerge un quadro poco rassicurante per l’economia mondiale e per il sistema finanziario. Ieri il Fmi aveva presentato, invece, il World Economic Outlook, nel quale aveva sottolineato i crescenti rischi per l’economia globale rappresentati soprattutto dall’Europa, che resta in serio pericolo sia dal punto di vista finanziario sia economico. Il Fmi si è occupato molto anche della situazione dell’Italia, vista in recessione sia quest’anno che nel 2013.

Secondo i dati raccolti dall’istituto di Washington, tra giugno 2011 e giugno 2012 è avvenuta una vera e propria fuga di capitali dall’Italia per un defluso pari a 235 miliardi di euro, ovvero il 15% del pil. Ha fatto peggio, però, la Spagna che addirittura ha toccato quota 296 miliardi di euro: il deflusso di capitali è stato pari al 27% del prodotto interno lordo. Il Fmi ritiene che le aziende italiane dovranno fronteggiare ancora un periodo prolungato di contrazione nel mercato del credito (credit crunch).

In questo periodo le cose potrebbero peggiorare ulteriormente in mancanza di misure a livello nazionale per un magigore consolidamento e a livello europeo ai fini di una migliore integrazione. Le condizioni generali di funding saranno ancora difficili per le banche italiane, ma il Fmi vede spiragli di luce in caso di maggiore fiducia sui mercati a seguito dell’attuazione del nuovo piano di acquisto titoli della Bce e nel caso in cui i paesi dell’Ue-17 dovessero rafforzare gli impegni nel percorso di risanamento dei conti pubblici.

Nel caso in cui, invece, gli impegni dovessero venir meno, l’Italia rischia un aumento del rapporto tra la spesa per gli interessi e le entrate. Secondo il Fmi, nel caso più favorevole l’Italia vedrà comunque crescere la spesa per interessi al 14% delle entrate entro il 2017. In caso di aumento dello spread Btp-Bund questo ratio salirebbe anche al 18%. Nel 2013 il Fmi stima questo rapporto al 12%: la sostenibilità finanziaria è possibile fino al 20%.

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