BCE, a rischio stabilità bancaria

La BCE sottolinea che In Europa vi sono rischi sia in merito a una potenziale recessione che alla stabilità bancaria. E la colpa sarebbe da ricercare a livello globale.

bce

I timori della BCE in merito all’economia europea

Il rapporto sulla stabilità finanziaria presentato questo novembre dalla Banca centrale europea è abbastanza chiaro. I mercati sono a rischio, principalmente per via di ciò che sta succedendo in Medio Oriente e per le varie tensioni a livello geopolitico. È possibile, già ora, prevedere che la situazione porterà a potenziali criticità future.

Per la BCE il rischio di recessione è più che concreto. E andrebbe a inficiare una situazione già particolare dal punto di vista economico. Come da ormai alcuni mesi il problema è lo stato di incertezza che sta conquistando diversi settori e che potrebbe rendere ancora più complesso il quadro. La stabilità finanziaria in Europa è attaccata su diversi fronti e in particolare Il Medio Oriente rischia di influenzare più del necessario l’intera situazione.

Si è già parlato in tal senso di crisi energetica ma potrebbe calare anche la fiducia degli investitori. Non dobbiamo dimenticare che in questo momento l’Europa è caratterizzata da una crescita debole  e la BCE sottolinea come lo stato di incertezza potrebbe allontanare gli investitori e fermare ancor di più la nostra economia.

È palese che siano già presenti condizioni finanziarie più restrittive, anche se il vero impatto sull’economia europea non è ancora arrivato. Secondo la BCE il problema riguarda riguarderà sia i settori non finanziari che quelli finanziari. Tutti avranno a che fare con costi più alti.

Cosa può accadere al settore bancario

Un esempio di tutto ciò è il mercato immobiliare dove sta avvenendo una contrazione dei prezzi collegata alla maggiore difficoltà per i consumatori di ottenere un mutuo. Anche l’immobiliare commerciale non va come dovrebbe, caratterizzato da una domanda più bassa a causa dei problemi riscontrati nel corso della pandemia.

Secondo la BCE al momento si salverebbe il settore bancario. A prescindere dagli shock subiti nel periodo post pandemico le banche sono caratterizzate da un aumento della redditività. Questo non deve portare a ignorare però i rischi già presenti. Ci sono possibilità che gli attivi bancari incontreranno problemi a livello qualitativo e che crescano i costi di finanziamento delle banche. Potrebbero presentarsi problemi anche per la redditività bancaria che secondo la BCE potrebbe essere trainata negativamente da un calo rilevante dei volumi di prestito.
Deve essere sottolineato però che, secondo la Banca centrale europea, il settore potrebbe essere abbastanza forte da riuscire a non subire conseguenze.

Mario Draghi, rischio recessione ma senza paura

Mario Draghi ipotizza l’arrivo di una recessione in Europa. Ma non pensa che questa possa essere talmente dannosa da metterne a repentaglio l’economia.

Mario Draghi e la recessione

È questo il pensiero espresso da Mario Draghi parlando con il Financial Times e più nello specifico con Martin Wolf. Ed è facile notare quanto l’economista confermi ancora una volta di saper fare il suo lavoro. Comunicando dei giudizi in modo serio e posato senza che questi possano apportare problematiche al mercato. Anche solo di riflesso.

Mario Draghi è tra i migliori del suo settore di appartenenza e il suo curriculum parla da sé. Sa che le sue parole hanno un peso specifico per quel che riguarda l’economia. E quindi, pur sottolineando che quella della recessione è una concreta possibilità, spiega anche che l’Unione Europea, alla fine, non ha molto da temere.

Dato che possiede i mezzi per uscirne. “C’è un rischio di recessione ma non direi né profondo né destabilizzante” spiega. Perché “il punto di partenza è molto alto, con la disoccupazione più bassa di sempre e un mercato del lavoro robusto“. Qualche criticità potrebbe presentarsi quindi, ma affrontabile.

Al contrario, per Mario Draghi l’Unione Europea dovrebbe farsi delle domande sulla propria produttività, visto che nonostante la sua resilienza ci troviamo dietro a Stati Uniti, Giappone, Cina e Sud Corea. Secondo Draghi dovremmo affrontare velocemente questo problema, promuovendo “investimenti ad alto valore aggiunto e ad alto tasso di tecnologia“.

E più nello specifico dando vita a dei poli tecnologici come quelli del Regno Unito e degli Stati Uniti, partendo “dal capitale umano” e di conseguenza dalle competenze.

Focus anche sull’energia

Parlando con il Financial Times, Mario Draghi focalizza il suo discorso sull’energia e sulla sua utilità, specificando che “non andiamo da nessuna parte se la paghiamo due o tre volte quanto costa nel resto del mondo“. Dovremmo, spiega, concentrarci sul creare delle politiche di stoccaggio e approvvigionamento di tipo comune agendo il più in fretta possibile per quel che riguarda in particolare le fonti rinnovabili.

L’ex premier italiano racconta anche quanto sia rilevante muoversi sul rispetto dei valori comuni in Europa, onde evitare di rimanere in futuro solo un semplice mercato libero di scambio. Non è un caso che Ursula Von der Leyen gli abbia affidato un certo compito in merito all’Unione. Le sue stesse parole illustrano con estrema facilità perché sia la persona giusta.

Sul tema degli investimenti concernenti la difesa, sottolinea inoltre che l’Europa fa bene a spendere, ma deve anche imparare a “fare”. In modo tale che possa essere sostenuta un’anima comunitaria davanti le difficoltà e non una serie frammentata di Stati.

FTX, Sam Bankman-Fried colpevole di truffa

L’ex ceo di FTX Sam Bankman-Fried rischia fino al 100 anni di carcere. È stato infatti dichiarato colpevole di cospirazione, riciclaggio di denaro e frode telematica.

Ceo di FTX colpevole di diversi reati

Tutto in merito al crollo della sua piattaforma di trading online FTX. A soli 31 anni rischia di non vedere più il cielo da persona libera. In base all’accusa contestatagli dai procuratori federali Sam Bankman-Fried avrebbe sottratto circa 10 miliardi di dollari dai wallet dei propri clienti per utilizzarli per scopi personali. Tra di essi vi sarebbe soprattutto la copertura dei danni causati da un’altra società, la Alameda Research. I fondi però sarebbero anche stati destinati a donazioni verso partiti politici e al sostentamento nella sua vita di lusso.

Tutto è saltato fuori nel momento in cui è collassata FTX. La bancarotta della società ha infatti fatto emergere tutti gli illeciti collegati. I giurati chiamati al decretarne la colpevolezza hanno deciso in fretta. Il verdetto infatti è arrivato dopo meno di 5 ore di camera di consiglio. Lo stesso processo è stato molto veloce, è durato circa un mese: la pena verrà annunciata il prossimo 28 marzo dal giudice che si è occupato della causa, ovvero Lewis Kaplan.

L’ex ceo di FTX è stato ritenuto colpevole di tutti e sette i capi d’accusa, per i quali rischia un totale di anni pari a un secolo. “Rispettiamo la decisione dei giurati”, hanno commentato i suoi legali, “ma siamo molto delusi dal risultato. Il signor Bankman-Fried “, hanno sottolineato, “si ritiene innocente e continuerà con vigore a difendersi dalle accuse“.

La pena potrebbe essere molto alta

I legali dell’uomo hanno già fatto sapere che ricorreranno in appello. Il procuratore che si è occupato del caso ha sottolineato come, sebbene la casistica relativa a FTX sia abbastanza nuova dal punto di vista legale, il reato di frode sia tra i più vecchi perseguibili. Ragione per la quale è semplice decidere su colpevolezza o innocenza.

Il crollo di FTX ha causato danni importanti nel settore, danneggiando moltissimi investitori. Una pena di detentiva decisamente alta sarebbe più che comprensibile se fosse commissionata. Soprattutto perché rappresenterebbe uno spartiacque all’interno del mondo delle criptovalute, uno di quelli meno regolamentati in tutto il mondo.

E’ proprio questo il punto debole sul quale la maggior parte dei legislatori a livello globale sta lavorando per poter creare un mercato davvero sicuro. Nel caso specifico effettivamente la cripto nel senso stretto è irrilevante. A essere stati presi senza il consenso sono stati dei soldi appartenenti ai risparmiatori.

 

Antitrust multa Vodafone, WindTre, Telecom e Fastweb

L’Antitrust multa Telecom, Vodafone, Fastweb e WindTre con una sanzione da 200 milioni di euro legata alla tipologia di fatturazione. Scopriamone insieme di più.

antitrust multa easyjet

Perché l’Antitrust ha multato le compagnie telefoniche

La multa erogata dall’Antitrust è conseguenza diretta di una rimodulazione occorsa in seguito alla sentenza del Consiglio di Stato che chiude il procedimento in atto legato alla fatturazione a 28 giorni. Secondo l’autorità le compagnie ci sono accordate in una intesa restrittiva segreta, complessa e continuata della concorrenza. All’interno del bollettino dell’Antitrust viene sottolineato come questo accordo abbia impedito lo svolgersi corretto delle dinamiche di tipo concorrenziale tra gli operatori del mercato dei servizi di telefonia mobile e fissa.

La sanzione erogata è stata accolta con soddisfazione in particolare dall’Unione Nazionale Consumatori attraverso il suo presidente Massimiliano Dona. Il quale ha sottolineato che l’associazione avrebbe preferito però una multa più alta attraverso una nota.

Purtroppo la politica dilatoria delle compagnie telefoniche”, spiega nel comunicato, “che si arrampicano sui muri a caccia di cavilli legali pur di poter fare i loro comodi, dimostra che servono maggiori poteri per le Authority. E una giustizia amministrativa più efficiente, rapida e più attenta a difendere la parte debole dei rapporti contrattuali”.

In molti forse nemmeno lo ricorderanno ma per un periodo le grandi compagnie fornitrici di servizi hanno fatturato su una base di 28 giorni, portando i consumatori ad avere a che fare con una maggiore spesa. Qualcosa che non è durato molto ma che è stato in grado di fare abbastanza danni.

Serve maggiore velocità nei controlli

A prescindere dal coinvolgimento delle compagnie telefoniche sopra citate, va sottolineato che tutti questi anni per ottenere una sentenza sono inaccettabili. Ragione per la quale, quando si parla di giustizia amministrativa, non si può non allinearsi con ciò espresso da Massimiliano Dona.

Anche quando questo tipo di azione viene accertata, ciò avviene dopo anni. E non è di immediata consapevolezza per il consumatore. Il quale si trova a pagare questa sua “ignoranza” che viene sanata solo con l’intervento di agenzie come l’Antitrust. Come accaduto in questo caso.

È grazie a loro, infatti, che è possibile scoprire eventuali doli. Dovremmo spingere come consumatori per poter ottenere che l’Authority abbiano maggiori poteri. E che la giustizia amministrativa possa muoversi con più celerità evitando a noi ignari consumatori di rimanere vittime di andamenti del mercato che potrebbero essere totalmente differenti.

Duecento milioni non saranno tanti per grandi compagnie. Ma la multa rappresenta un precedente che dovrebbe agire come deterrente per azioni simili in futuro.

Israele, conseguenze del conflitto in Italia

Israele è stato attaccato da Hamas. Questo e la reazione dello Stato orientale di sicuro avranno conseguenze in Europa e in Italia. Ma quali potrebbero essere?

Conseguenze dell’attacco in Israele

Effettivamente, già ora, è possibile notare delle risposte economiche all’attacco subito da Israele. E possiamo partire elencando ciò che sta accadendo con il greggio. Il prezzo del petrolio è infatti salito, andando a inficiare il già precario rapporto tra i portafogli italiani e il prezzo dei carburanti.

Ovviamente il prezzo più alto che al momento si sta pagando è quello umanitario. E tutti noi dobbiamo cercare di aiutare le popolazioni in difficoltà. Ma è innegabile che per quanto Israele sembri lontana geograficamente da noi, e non lo è in realtà, ciò che sta succedendo nello stato israeliano, a livello economico, ci sta influenzando.

Al momento le conseguenze dell’attacco a Israele sono abbastanza gestibili. Ma è palese che sia il petrolio che l’oro come materia prima siano cresciuti di prezzo. E che il conflitto porterà senza dubbio conseguenze di lungo periodo sugli investimenti. Soprattutto se dovesse protrarsi. Chi si prenderà infatti il rischio di investire?

La situazione in Italia

Per quel che riguarda l’Italia, in particolare la Borsa e lo spread hanno subito le maggiori ripercussioni. Questo perché la situazione in Israele va a complicarne una di base già abbastanza complessa. Lo spread all’apertura il 10 ottobre ha fatto registrare un livello di 207. Se l’andamento degli ultimi giorni dovesse trovare conferma vedremmo assottigliarsi ancora di più i margini di manovra relativi alla politica economica.

Non dobbiamo dimenticare che in Italia i costi di finanziamento del debito sono già alti. Se aggiungiamo l’incertezza generale dobbiamo anche potenzialmente aspettarci un attacco speculativo nei confronti del nostro paese.

Israele lascia la sua scia pure sulle borse. Anche se Piazza Affari sembra comportarsi bene nonostante tutto, per ora. E’ importante che più generalmente ricordiamo che il crescere del prezzo del petrolio causa nel nostro paese delle difficoltà sia alle imprese che ai privati cittadini. Entrambi stanno ancora combattendo con le conseguenze della precedente crisi energetica causata dall’attacco della Russia sull’Ucraina.

L’attacco di Hamas su Israele potrebbe fare lo stesso. Il ministro delle Imprese e del made in Italy Adolfo Urso ha evidenziato di recente come l’attacco a Israele crei “una situazione di emergenza che rischia di far esplodere altre problematiche, per esempio per l’energia. Così come è accaduto per la guerra di Russia in Ucraina per il gas“, ha spiegato, “potrebbe accadere di nuovo perché da quei Paesi del Nord Africa arrivano altre risorse”.

Italo, MSC acquista il 50%

Italo passa nelle mani del gruppo MSC della famiglia Aponte. La società ha infatti rilevato il 50% del capitale da Global Infrastructure Partners. Si tratta della conclusione di una trattativa iniziata ancor prima dell’estate 2023.

Italo e l’entrata di Aponte

L’acquisto del 50% di Italo da parte di MSC ovviamente porta a un riassetto societario dove gli svizzeri deterranno la quota sopra descritta mentre GIP passa dall’iniziale 72,6% all’attuale 35%.

Era da tempo che ci si aspettava un cambio all’interno di Italo. Il fatto che vado accaparrarsi il capitale sia la famiglia Aponte sottintende cambiamenti che potrebbero rivelarsi decisamente interessanti. Soprattutto per quello che concerne la competitività del trasporto su rotaia unito ai viaggi in mare.

La nota pubblicate in merito all’operazione sottolinea come lo scopo sia quello di stabilire “un partenariato strategico di lungo periodo per lo sviluppo futuro di Italo”. Dobbiamo sottolineare che la restante quota, non posseduta da MSC, rimane di proprietà di GIP. La quale non solo avrà all’interno della società una governance congiunta con il gruppo della famiglia Aponte, ma anche con alcuni rappresentanti del gruppo Allianz e altri investitori.

Di certo l’acquisto del capitale di Italo da parte di MSC dimostra come il gruppo sia ancora fortemente interessato a investire in Italia. E più in particolare ovviamente sul settore dei trasporti. Diego Aponte ha sottolineato che l’accordo raggiunto dimostra “il sostegno al trasporto ferroviario passeggeri ad alta velocità” italiano.

Tra gli obiettivi il trasporto sostenibile

Tra gli obiettivi del gruppo, aggiunto, vi è quello di uno sviluppo ulteriore di altre modalità di trasporto di tipo sostenibile sia per le merci che per le persone. Ovviamente questo accordo verrà finalizzato definitivamente con la soddisfazione delle condizioni necessarie come l’ottenimento delle autorizzazioni regolamentari e di concorrenza.

Non sono stati resi noti altri dettagli in merito all’operazione, ma secondo indiscrezioni, economicamente l’operazione verrà fondata su un equity value di circa 3,2 miliardi al netto di 900 milioni di debito.

È inutile dire che l’ingresso di MSC all’interno di Italo mette sul tavolo diverse aspettative. Non dobbiamo dimenticare che la compagnia è tra quelle leader per quel che concerne il trasporto marittimo. Vediamo abbastanza facilmente la stessa applicare il know how del suo principale settore di appartenenza anche all’interno di quello dei trasporti su rotaia.

Italo già spiccava rispetto a FS per la qualità del trasporto. C’è con molta probabilità da aspettarsi che la stessa possa ulteriormente migliorare. Non resta che vedere cosa accadrà nel momento in cui l’operazione verrà completata definitivamente e potremo toccare con mano i cambiamenti.

Fed non alza i tassi, ma Wall Street scende

La Fed non aumenta ulteriormente i tassi di interesse ma Wall Street, nel corso del discorso del presidente Jerome Powell, tende al ribasso. Scopriamo insieme il perché.

federal-reserve

La decisione della Fed

Il Federal open market Committee (Fomc) della Fed ha deciso per uno stop al rialzo dei tassi nell’ultima riunione. Questo significa che i governatori responsabili della politica monetaria del paese hanno optato per non spostare questi dall’intervallo contenuto tra il 5,25% e il 5,50%. Parliamo del valore più alto dal 2001.

Anche questa decisione, come tutte le altre, è stata presa in base ai dati relativi all’economia statunitense ottenuti fino a questo momento. Si è trattato di una decisione unanime presa da tutti e 12 membri. Questa nello specifico è la seconda volta, dal marzo 2022, che la Fed decide di fermare l’aumento dei tassi. Nelle altre 11 riunioni, proprio per combattere l’inflazione, la decisione ha sempre puntato sul rialzo del costo del denaro.

Non dobbiamo dimenticare che i tassi di interesse erano stati abbassati nel 2020 per combattere le conseguenze della pandemia di coronavirus. Al momento il vero nemico è l’inflazione e per tale ragione c’è bisogno di seguire una politica monetaria restrittiva.

È necessario comprendere che globalmente, con molta probabilità, i tassi cresceranno ancora entro la fine dell’anno. Tutte le banche centrali si stanno regolando in base ai dati che arrivano mese per mese. Qui è possibile introdurre perché il Wall Street abbia teso a ribasso dopo una particolare affermazione di Jerome Powell.

La reazione di Wall Street

FED ed elezioni Olanda spingono economia

Questo tipo di reazione è arrivata quando il presidente della Fed ha sottolineato che con molta probabilità i tassi verranno abbassati solamente intorno alla fine del 2024. La borsa ha, con molta probabilità, interpretato in maniera sbagliata le prime parole del responsabile dell’istituto.

E di conseguenza ha reagito poi in maniera differente. Sul breve termine, nel corso della conferenza stampa, l’economista ha spiegato che prima di decidere per i prossimi mesi, ovviamente, la commissione ha necessità di vedere cosa proporranno i dati. È possibile, più in generale, a novembre o dicembre aspettarsi un nuovo rialzo dei tassi.

La Fed deciderà in base a quello che i dati proporranno a livello economico. La situazione europea al momento è completamente diversa. Per ora infatti la BCE, pur basando le sue decisioni sullo stesso sistema, non ha al momento spazio di manovra adeguato per ipotizzare con certezza una pausa nei rialzi.

Non resta per tutti che aspettare i dati economici in arrivo nelle prossime settimane. Solo loro potranno fare maggiore chiarezza.

Ryanair insiste: Governo ritiri decreto sul caro voli

Ryanair non ha nessuna intenzione di fare passi indietro per quel che concerne il decreto sul caro voli. E continua a insistere su una dismissione dello stesso da parte del Governo.

Ryanair ferma sulle sue posizioni

Il quale, a prescindere da quel che si possa pensare sul decreto stesso, ha il diritto di rispondere che come paese sovrano non deve sottostare di certo alle indicazioni di una compagnia aerea. È questo il succo dell’incontro svoltosi tra i rappresentanti di Ryanair e il ministro del made in Italy Aldofo Urso.

Una situazione che al momento non vede né vinti né vincitori. Senza contare il fatto che entrambe le parti ancora non stiano prendendo in considerazione il ruolo dell’Unione Europea in tutto ciò. Quando Ryanair sottolinea che il decreto sul caro voli non sia in linea con la legge europea non ha torto. Ma allo stesso tempo la stessa Commissione non ha ancora giudicato inammissibile a livello comunitario il decreto italiano.

In pratica, da qualsiasi punto di vista venga letta la situazione, non vi è da nessuna parte la capacità di asserire la propria verità come assoluta. Ma Ryanair ha al contempo un asso nella manica: può limitare le tratte. È suo diritto farlo. E lo Stato italiano si ritrova quindi a dover trovare una soluzione per il malcontento popolare senza perderci la faccia. O la sua posizione.

Tira e molla sarcastico inutile tra le parti

Il Ministro Urso ieri ha affermato che l’Italia è un Paese sovrano“, ha sottolineato Michael O’Leary, ceo di Ryanair. “Tuttavia, la prova della sovranità di un Paese è il rispetto degli accordi internazionali“. E questa, per quanto si voglia combatterla, rimane comunque una verità ineluttabile.

Meno accettabile è la posizione di “dispetto” che la compagnia sta prendendo. “Il Ministro Urso deve ora ritirare il decreto illegale sul controllo dei prezzi e confermare che l’Italia continuerà a rispettare il diritto dell’UE“, ha infatti aggiunto il ceo del vettore irlandese. Diritto “che garantisce a tutte le compagnie aeree, sia italiane che straniere, la libertà di fissare i prezzi, senza interferenze politiche“.

Un problema che per l’Italia si fa palese per la Sicilia e la Sardegna dato che Ryanair ha già fatto sapere che limiterà i voli a disposizione. Qualcosa che porterà il mercato ad alzare i prezzi piuttosto che diminuirli. Ricordiamo che la legge citata da O’Leary è il Regolamento UE 1008/2008 sui servizi aerei che parla di prezzi fissati “liberamente” dalle compagnie per “i servizi intercomunitari”.

C’è da chiedersi: si farà davvero qualcosa per i viaggiatori o continuerà questo tira e molla sarcastico e poco utile tra le parti?

Dove investono maggiormente gli italiani

Gli italiani, come noto, sono un popolo di grandi risparmiatori, peculiarità che consente alla nostra nazione, nonostante la zavorra di un pesante debito pubblico, di poter risultare solvibile agli occhi dei mercati finanziari. Certo, gli italiani non disdegnano neppure sfidare la fortuna acquistando il biglietto di qualche lotteria, piuttosto che collegarsi ad internet e rendere ancor più coinvolgente la propria passione sportiva consultando Netbet.it.

Dove investono
Dove investono

Germania? Più forte di quel che si pensa

La Germania è più forte di quel che si pensa. Sebbene la situazione economica non sia tranquilla come in passato. È questo il succo delle parole del presidente di Bundesbank Joachim Nagel.

La Germania non è ancora in grave difficoltà

L’economista sostiene anche con una certa fermezza che la BCE di sicuro non abbasserà i tassi di interesse sul breve periodo. Prendendo in considerazione la Germania impossibile non notare come a prescindere dalle diverse opinioni stia presentando un calo del PIL, un decremento della fiducia nell’economia e problemi nel mercato immobiliare.

Tutto ciò pesa di più idealmente perché la Germania è sempre stato uno degli Stati più forti a livello economico all’interno della Unione Europea. Quello in grado di trainare gli altri. Ciò che possiamo vedere ora è che il primo Stato tra i più grandi e forti a entrare in recessione.

La colpa viene data alla sua economia di tipo energivoro e sappiamo tutti ciò che il mercato negli ultimi tempi ha messo a disposizione degli Stati membri. Ci sarebbe di fondo una crisi strutturale rilevante che l’economia teutonica potrebbe trovarsi a scontare. Parlando con i media tedeschi il presidente di Bundesbank evidenzia come la situazione attuale non sia comparabile a quella di 20 anni fa.

È vero che siamo scivolati in una recessione tecnica durante la stagione invernale”, sottolinea. “E da allora lo sviluppo economico non è stato soddisfacente. La pandemia di Covid, l’alta inflazione e quindi l’attacco russo all’Ucraina hanno lasciato il loro segno. Ma”, spiega, “prevediamo che l’immagine si rischiarerà l’anno prossimo”.

I tassi e le decisioni della BCE

È presto per etichettare questa posizione come eccessivamente fiduciosa. Ma il presidente di Bundesbank è ottimista e rigetta anche le critiche sul modello tedesco considerato troppo basato sull’industria tradizionale. Fattore che lo rende troppo lento, poco innovativo e obsoleto.

L’economista non nasconde che un aggiornamento non farebbe male ma lo stesso tempo non mancano nel suo discorso piccole stilettate ad altri paesi. Quelli che, sebbene non nominati, come l’Italia presentano maggiori criticità. Soprattutto per quel che concerne l’occupazione e la sostenibilità del debito.

Sulla lotta all’inflazione Joachim Nagel è convinto che la BCE non tornerà troppo presto sui suoi passi. I dati che continuano ad arrivare sottolineano la necessità di una politica monetaria restrittiva. È vero che gli interventi impiegati finora devono ancora far vedere il proprio potenziale complessivo.

Ma è impossibile negare, dati alla mano, che l’inflazione sembra rimanere ostinatamente alta. Ragione per la quale la politica di decidere riunione dopo riunione, in base ai dati, rimane la migliore applicabile.

Sempre più utenti utilizzano le piattaforme di investimento per il trading

Negli ultimi anni, si è riscontrato un incremento significativo del numero di utenti che si affidano alle piattaforme di trading per i loro investimenti. Le piattaforme di trading online, con le loro funzionalità avanzate e le varie opzioni di investimento, offrono agli utenti l’opportunità di operare nei mercati finanziari in modo efficiente. Inoltre, queste piattaforme hanno reso il trading più accessibile, permettendo anche a chi non ha un’ampia conoscenza del settore di iniziare a fare trading.

piattaforme di investimento per il trading
piattaforme di investimento per il trading

Obbligazioni? Tornano a conquistare

Le obbligazioni sembrano tornare a essere attraenti più o meno in tutto il mondo. Tanto negli Stati Uniti quanto nella vecchia Europa, dove i tassi obbligazionari stanno raggiungendo dei livelli che non si vedevano da molto tempo.

Cosa accade con le obbligazioni

Ciò che incuriosisce è che questo sta accadendo nel momento in cui, sia oltreoceano che nell’euro zona, i tassi di interesse potrebbero avvicinarsi a uno stop dei rialzi. E per quel che concerne le obbligazioni è innegabile che la domanda e l’offerta siano legati all’impennata che si è palesata all’interno del mercato obbligazionario proprio per ciò che riguarda i tassi.

Dobbiamo sottolineare che per ciò che riguarda l’offerta, nonostante la necessità di una maggiore disciplina fiscale, le emissioni di debito sono decisamente abbondanti. La ragione sta nel fatto che sono diverse l’economie del G7 che presentano ancora dei deficit di bilancio molto ampi. Per loro la possibilità di emettere obbligazioni rappresenta uno strumento per tenere sotto controllo i conti.

Le agenzie di rating non sono molto propense ad accettare questo approccio. Basti pensare a Fitch e al fatto che per tale ragione ha tolto la tripla A agli Stati Uniti. In questo campo una cosa è certa: il debito deve essere comunque finanziato. Le banche centrali stanno continuando nel loro percorso  di stretta finanziaria e proprio per via di questo inasprimento quantitativo stanno pian piano eliminando i grandi stock di debito che detengono.

Ricerca di investitori per le emissioni

Il fatto che le obbligazioni stiano attirando l’attenzione in questo periodo consente di sostituire agli investitori di tipo istituzionale come gli istituti centrali nuovi acquirenti. Qualcosa di non semplice anche a causa dell’alta inflazione e alla minore liquidità disponibile. Inutile dire che in tal senso anche la geopolitica alla sua influenza.

Questa lunga premessa serve per spiegare perché il ministero del Tesoro americano non abbia altra scelta che aumentare i rendimenti per trovare degli acquirenti per le sue emissioni. È lo stesso saranno costrette a fare anche le economie europee. Al momento attira tanto l’attenzione anche il tasso obbligazionario tedesco pari al 2,7%. Molto simile per intenzionalità al 4,3% decennale americano.

Perché gli investitori trovano nuovo interesse nelle obbligazioni? Perché queste non sono regolate solo dalla domanda e dall’offerta ma anche dagli altri dati. E per via nell’attuale inflazione i tassi ufficiali potrebbero rimanere alti ancora un bel po’.

Più in generale poi le obbligazioni sembrano essere la giusta alternativa alle azioni, il cui dividendo non assicura più un guadagno certo.

Criptovalute, come mettersi in regola con AdE

L’Agenzia delle Entrate batte cassa sulle criptovalute. O meglio sulla regolarizzazione delle cripto attività. Scopriamo insieme cosa è stato stabilito e cosa bisogna fare.

Come gestire fiscalmente le criptovalute

Con il provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate Ernesto Maria Ruffini, del 7 agosto 2023, è stato deciso che entro il 30 novembre di quest’anno è possibile presentare istanza per regolarizzare le cripto attività detenute al 31 dicembre 2021.

Il mondo delle criptovalute è ancora impegnato nel tentativo di trovare una quadra su una propria regolamentazione che sia valida per tutti. Nel frattempo i singoli Stati stanno cercando di dar vita a normative che possano far trattare questi prodotti finanziari al pari di quelli già regolamentati. Le cripto attività sono sempre state in una sorta di limbo a livello fiscale. Fino alla legge di bilancio n. 197 del 2022, quando si è provveduto a determinare il trattamento fiscale. Dando vita anche a una sanatoria per quelle attività legate alle criptovalute non dichiarate e pregresse.

Con il decreto dell’Agenzia di questo costo si sta semplicemente mettendo in atto ciò che è necessario per riscuotere la tassazione relativa. Alla regolarizzazione delle cripto attività rappresentate dalle criptovalute possono accedere le persone fisiche, gli enti non commerciali e le società semplici ed equiparate. Tra queste criptovalute vi sono comprese anche quelle oggetto o derivanti da attività di staking.

Chiunque voglia accedere alla regolarizzazione deve essere residente in Italia. Parliamo di cripto attività detenute al 31 dicembre 2021 e non dichiarate all’interno del modello dichiarativo nel quadro RW.

Come regolarizzare la posizione

Per regolarizzare la posizione le operazioni devono riguardare periodi di imposta per i quali non siano scaduti i termini per l’accertamento. O per la contestazione della violazione degli obblighi di dichiarazione. In pratica è possibile assolvere allo scopo versando un’imposta sostitutiva del 3,5% del valore delle criptovalute detenute al termine del periodo d’imposta o del periodo di detenzione a cui si riferiscono i redditi omessi.

È prevista anche una sanzione pari allo 0,5% del valore delle criptovalute in base al DL n. 167 del 1990, che devono essere pagate con il modello F24. Una volta che si è pagato tutto quanto è possibile presentare istanza per la regolarizzazione, sfruttando il modello dedicato che deve essere firmato digitalmente o essere accompagnato da una copia del documento di riconoscimento.

Non deve mancare la relazione di accompagnamento con la documentazione probatoria e la ricevuta del modello F24. L’istanza deve essere inviata tramite Pec alla direzione regionale territoriale competente dell’Agenzia delle Entrate. Questa può essere inviata anche da un professionista che faccia le veci del contribuente. Importante: i codici tributo da utilizzare per effettuare i versamenti saranno indicati a breve dall’agenzia delle entrate.

Fitch, Stati Uniti perdono la tripla A

Fitch toglie la tripla A agli Stati Uniti scatenando l’ira dell’ex presidente della Fed e attuale ministro del Tesoro Janet Yellen. Un taglio che porta il rating statunitense a AA+ con outlook stabile.

fitch abbassa rating italia

Fitch abbassa il rating a sorpresa

Si tratta della prima agenzia che negli anni osa tagliare in tal senso la valutazione degli Stati Uniti. In precedenza fu Standard and Poor’s nel 2011 a fare lo stesso. Si tratta di una mossa che ha sorpreso tutti per il suo arrivo inaspettato. In questo modo, la più grande economia mondiale ha perso la valutazione massima presentata dalle agenzie.

Una valutazione quella di Fitch che si basa sul peggioramento delle condizioni di bilancio previste per i prossimi tre anni, sulle soluzioni dell’ultimo minuto presentate e le ripetute negoziazioni sul tetto del debito. Azioni che potrebbero portare il Governo attuale statunitense a non riuscire a portare a termine i suoi impegni di spesa.

Come già anticipato la segretaria al tesoro Janet Yellen non ha preso bene la valutazione di Fitch. L’economista ha avuto una reazione furiosa, sottolineando come la decisione presa dall’agenzia di rating sia obsoleta e arbitraria perché basata su informazioni ormai datate.

Ragione per la quale anche la Casa Bianca ha sottolineato di essere profondamente in disaccordo con la decisione presa da Fitch. Questo perché la stessa sembra essere disancorata dalla realtà. Visto che arriva in un momento in cui è evidente che la ripresa garantita dal presidente Joe Biden e dal suo Governo sia comunque la più robusta tra quelle delle più grandi economie.

Economia americana solida comunque

Il rating pesa, ma Janet Yellen sottolinea che la valutazione di Fitch non avrà comunque influenza sul fatto che i titoli del Tesoro statunitensi rimangano un asset sicuro sul quale investire. E che l’economia americana sia molto forte. Secondo l’amministrazione Biden si tratta di una valutazione poco coerente con gli stessi commenti presentati da Fitch, la quale nella sua analisi ha sottolineato come la governance degli Stati Uniti sia migliorata durante la Presidenza Biden.

Non ha senso, aggiungono,  che venga tagliato ora il rating per le azioni sconsiderate prese dalla precedente amministrazione. Deve essere sottolineato che già a maggio Fitch aveva segnalato la probabilità di un downgrade, aspettando l’arrivo di giugno per comprendere come si sarebbe evoluta la crisi del tetto del debito. Al momento Moody’s è l’unica agenzia di rating tra le più grandi che valuta con tripla A Gli Stati Uniti.

Fitch parla anche di una possibile recessione per gli Stati Uniti tra la fine di quest’anno e l’inizio del prossimo. Chi avrà ragione tra l’agenzia e l’amministrazione?