Dubai, cinque miliardi di dollari dalla vendita obbligazionaria

Dubai ha già deciso come contenere il proprio deficit di bilancio: il principale emirato arabo del Golfo Persico ha infatti stilato un programma che prevede la vendita di bond per un importo totale di cinque miliardi di dollari, senza però dimenticare la possibilità dei fondi comuni di investimento. La spiegazione per una tale scelta è semplice, in effetti i rendimenti in questione sono scesi fino al loro livello più basso da almeno due anni a questa parte, un evento quantomeno inatteso. Come si intuisce facilmente, questi strumenti finanziari beneficeranno di una denominazione in moneta statunitense, così come emerge chiaramente anche dal prospetto che è stato distribuito dal Regulatory News Service.

Credit Suisse lancia i suoi primi covered bond in dollari

È proprio vero che gli esami non finiscono mai, nemmeno per gruppi bancari consolidati e di fama internazionale come Credit Suisse: l’istituto svizzero ha infatti avviato la sua prima vendita di covered bond, un’emissione da un miliardo di dollari, con una denominazione appunto in valuta americana. Volendo essere ancora più precisi, si tratta della prima operazione di questo tipo da parte di una banca elvetica. Anzitutto, bisogna ricordare che i covered bond non sono altro che obbligazioni garantite per finanziare determinati tipi di progetto. Nel dettaglio, la seconda banca di Svizzera ha lanciato titoli quinquennali che beneficiano di un rating piuttosto elevato (AAA) e che sono garantite appunto da ipoteche immobiliari; il rendimento che è stato scelto è pari al 2,6% e occorre anche aggiungere uno spread di 83,2 punti base al di sopra della stessa emissione del Tesoro.

La Malesia annuncia nuovi bond islamici in dollari

Scadenza decennale e denominazione in dollari: sono queste le due caratteristiche che risaltano maggiormente per quel che concerne la nuova offerta di obbligazioni islamiche messa a disposizione dalla Malesia, in quella che rappresenta la seconda vendita di debito sovrano del 2011 per lo stato asiatico. L’intera gestione finanziaria spetterà a tre banche di investimento locali, le quali hanno anche proposto un ammontare complessivo compreso tra i 500 milioni e gli 1,7 miliardi di dollari, anche se per il momento queste indiscrezioni sono giunte da fonti anonime. Una vendita simile vuole sottintendere che lo stato federale vuole cedere il proprio debito islamico a un benchmark ben preciso, facendo riferimento a un’industria, quella dei titoli che rispettano i dettami della Shariah, che ha un valore complessivo di un trilione di dollari.

Islamic Development Bank: un nuovo sukuk denominato in dollari

È un gran momento quello attuale per l’emissione e la relativa sottoscrizione di sukuk, i titoli obbligazionari islamici, conformi alla legge della Shariah: ne è una chiara testimonianza anche l’ultimo progetto della Islamic Development Bank, istituto di credito dell’Arabia Saudita che ha intenzione di lanciare a breve un prodotto di questo tipo con tanto di denominazione in dollari americani. L’obiettivo è abbastanza chiaro, il gruppo asiatico ha necessità di nuovi fondi e per venire incontro a questa esigenza si lancia a capofitto nel mercato obbligazionario, senza disdegnare però il fattore dei cambi valutari: ecco perché è stata scelta la moneta verde, molto più sicura rispetto al ryal, il quale attualmente vale circa 0,26 dollari. La quotazione ufficiale dovrebbe avvenire quando le condizioni di mercato la renderanno conveniente, ma sicuramente al termine del meeting tra gli investitori del reddito fisso del Medio Oriente, dell’Asia e dell’Europa.

Sharjah Islamic Bank sceglie Londra per la vendita di Sukuk

Sharjah Islamic Bank, realtà creditizia araba meglio conosciuta come National Bank of Sharjah, ha trovato i due partner ideali per la sua nuova cessione obbligazionaria. La scelta è ricaduta sulla città di Londra, più precisamente su due colossi bancari come Hsbc Holdings e Standard Chartered, le quali dovrebbero essere incaricate a breve di gestire nel dettaglio la vendita. Come si intuisce facilmente, si tratta dei consueti certificati di investimento islamici, conformi alla legge della Shariah e che possiamo associare ai bond nostrani. Nel dettaglio, gli strumenti in questione beneficeranno di una denominazione in dollari americani e saranno messi in vendita nel pieno rispetto delle condizioni di mercato che vigono in questo preciso momento storico; saranno comunque necessari alcuni meeting in Medio Oriente, nel continente asiatico e in quello europeo, i quali andranno a coinvolgere gli investitori che prediligono i redditi fissi.

Wells Fargo torna a quotare titoli decennali in dollari

Wells Fargo vanta sicuramente un importante primato negli Stati Uniti, vale a dire quello di principale istituto per quel che concerne i prestiti immobiliari; eppure erano quasi quattro anni che la stessa compagnia di San Francisco non emetteva titoli con scadenza a dieci anni e che beneficiavano della denominazione in dollari. L’attesa è comunque finita e il lancio dei prodotti in questione è stato reso possibile dall’annuncio di un dividendo speciale relativo al primo trimestre del 2011, oltre ad alcuni riacquisti di azioni proprie. Di cosa si tratta esattamente? La banca statunitense ha provveduto a emettere titoli obbligazionari per un importo totale di 2,5 miliardi di dollari e con un rendimento pari al 4,6%; dunque, la scadenza sopraggiungerà nel mese di aprile del 2021, mentre il ritorno economico appena menzionato supera di 130 punti base quello degli stessi strumenti emessi dal Tesoro.

Bond argentini al loro livello minimo degli ultimi tre anni

I rendimenti dei bond del governo argentino non stanno certo vivendo uno dei loro momenti migliori, visto soprattutto che è stato raggiunto il più basso livello in termini quantitativi degli ultimi tre anni: il riferimento finanziario va in questo caso ai titoli obbligazionari del governo di Buenos Aires e che sono stati emessi in dollari. Uno dei fattori determinanti per una performance così positiva è stato senza dubbio l’incremento del debito valutario locale collegato al tasso di inflazione; la differenza di rendimento, calcolata in circa 153 punti base, non veniva registrata da agosto 2007, un risultato in controtendenza a quanto stimato sette mesi fa, periodo in cui i cosiddetti “peso bond” avevano guadagnato ben 5,6 punti percentuali.

Reliance Industries punta a vendere bond per un miliardo di dollari

Reliance Industries, la maggiore compagnia privata di tutta l’India (il suo fatturato si avvicina ai 20 miliardi di dollari: è attiva soprattutto nel campo petrolifero, delle fibre e del vestiario), intende gestire al meglio la domanda di assets che attualmente proviene dalla seconda economia asiatica: in effetti, l’obiettivo è quello di incrementare fino a un miliardo di dollari la vendita di titoli obbligazionari denominati in moneta verde, la più vasta operazione in questo senso da parte di un gruppo indiano non bancario. L’offerta avanzata dall’azienda di Mumbai potrebbe agevolare la crescita delle vendite di bond internazionali del paese, dato che si prevede il raggiungimento di un valore pari a 5,5 miliardi di dollari, il livello massimo da tre anni a questa parte secondo le rilevazioni degli analisti.

Il Venezuela progetta la vendita di tre miliardi di dollari in bond

Il governo del Venezuela ha le idee piuttosto decise per quel concerne gli investimenti finanziari: in effetti, la nazione sudamericana sta progettando la vendita di ben tre miliardi di dollari in obbligazioni destinate al mercato locale. L’operazione dovrebbe avvenire entro la fine della prossima settimana e rappresenta la conseguenza principale del calo dei prezzi dei prestiti. In tal modo, gli investitori saranno perfettamente in grado di acquistare i bond denominati in dollari, i quali beneficiano di una scadenza fissata per il 2022, utilizzando bolivar, la valuta locale. Il rendimento medio è stato pari a 3,18 punti percentuali, secondo quanto rilevato da JPMorgan Chase. Hugo Chavez, presidente della Repubblica Bolivariana del Venezuela, aveva comunque già provveduto a operare nello stesso modo circa dieci mesi fa, quando la sua amministrazione si dedicò all’emissione di cinque miliardi di dollari in titoli azionari.