Banca Etruria e il caso della obbligazioni non subordinate: l’analisi di Geneve Invest

16salvataggio-banche-bufaleIl decreto salva banche del governo Renzi le ha portate prepotentemente alla ribalta nel corso degli ultimi giorni. Parliamo delle obbligazioni subordinate, 60 miliardi di euro (stima Ansa) potenzialmente azzerabili in caso di fallimento, emessi dalle banche italiane e tuttora in circolazione. Fra le emissioni anche titoli di grandi gruppi come Unicredit e IntesaSanpaolo e una montagna di tagli da 1.000 euro, destinati quindi ai risparmiatori.

Per andare a capire in dettaglio di cosa stiamo parlando, andiamo a capire insieme agli specialisti di Geneve Invest, affidabile società di gestione patrimoniale indipendente, cosa sono le obbligazioni subordinate. Si tratta di titoli pensati per chi cerca dei semplici investimenti nei quali riporre i propri risparmi, ma sono, purtroppo, caratterizzate da alti margini di rischio. Ovviamente, a tale rischio è commisurato un alto rendimento, ma in caso di liquidazione o fallimento della banca emittente il risarcimento delle obbligazioni subordinate avviene soltanto dopo quello dei creditori ordinari, comprendendo anche le normali obbligazioni, definite senior. Inoltre, anche in condizioni di normale attività della banca, ai fini del rimborso delle obbligazioni subordinate è comunque necessaria un’autorizzazione specifica da parte di Bankitalia. Per tutti questi motivi, in caso di fallimento, la perdita che può subire chi investe è sempre altissima e tendente al 100% del capitale investito.

“Il problema principale delle obbligazioni subordinate – spiega Gianmaria Panini di Geneve Invest –  è che le banche utilizzano questi bond come base per altre operazioni: in pratica si tratta di liquidità che va a formare il vero e proprio capitale della banca. Gli istituti utilizzano dunque queste obbligazioni, peraltro spesso senza scadenza e quasi sempre sottoscritte da piccoli risparmiatori ben disposti a non muovere per molto tempo i loro soldi pur di realizzare un alto rendimento, come garanzia per le loro operazioni. Il punto è che così facendo, qualora si incappi in casi di insolvenza o di fallimento, questi strumenti vedono svanire completamente il proprio valore, e, nella gran parte dei casi, vengono azzerati. È il caso ad esempio di quanto successo con Banca Marche oppure con Banca Popolare dell’Etruria.”

Come già spiegato sopra, le obbligazioni subordinate hanno scadenze molto lunghe o addirittura, spesso, non hanno limiti temporali. Risultano estremamente appetibili per i piccoli risparmiatori in virtù di tagli di vendita sono che possono partire anche da 1.000 euro, a salire sino ai 50.000. “Come accade per qualunque emissione, anche le obbligazioni subordinate presentano delle caratteristiche tecniche molto precise, presentate nei prospetti di emissione – spiega ancora Gianmaria Panini di Geneve Invest – il punto è che questi prospetti sono quasi sempre in lingua inglese e fanno riferimento ad una terminologia specifica legata alle normative bancarie, finanziarie e del diritto civile che soltanto un addetto ai lavori può davvero comprendere e che manda inevitabilmente in tilt un piccolo investitore senza esperienza. Vi è poi il problema strategico. A causa della crescita dell“extension risk”, cioè dell’incertezza riguardo l’effettiva scadenza delle obbligazioni subordinate, è diventato praticamente impossibile fare una valutazione seria sul rendimento dell’investimento, non conoscendone con chiarezza l’estensione temporale. Si tratta di una condizione che rende i bond subordinati scarsamente liquidi e quindi molto difficili sia da vendere che da acquistare, con prezzi che tendono a deprimersi e, di conseguenza, grandi difficoltà nella gestione e nella diversificazione del rischio”.

I casi di Carife, Banca Marche, Carichieti e Banca Etruria sono un’altra dimostrazione, l’ennesima, di come per investire in maniera seria sui mercati finanziari sia necessario affidarsi a professionisti del settore e come alla lunga sia perdente il tentativo di improvvisarsi esperti: lo sanno bene le decine di piccoli risparmiatori che nel tentativo di compiere l’operazione della vista hanno visto annichiliti i risparmi messi insieme durante anni di lavoro.

Lo studio di Geneve Invest sulle stime di crescita del mercato italiano per il 2014

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A prescindere dalle smentite di circostanza, evidentemente ci sarà bisogno di una manovra correttiva molto profonda, da parte del governo, non credo inferiore ai 20 miliardi. Sarà una stangata per tutti i contribuenti italiani, l’ennesima, e temo si andranno ad attaccare ancora una volta il sistema pensionistico e quello del risparmio, con un possibile prelievo forzoso.“ A spiegarlo è Gianmaria Panini, di Genève Invest, gruppo di gestione patrimoniale indipendente con sedi a Ginevra e Lussemburgo, interpellato in merito alla situazione di stallo del mercato italiano ed alle prospettive di crescita future del „sistema Italia“.

Anche Jp Morgan e Mediobanca nelle ultima settimane hanno in effetti sostenuto la tesi della manovra da 20 miliardi, una stima credibile, anche in considerazione del rischio di un nuovo attacco dei mercati contro l’Italia. Centrare per l’Italia il previsto obiettivo di crescita per il 2014, fissato allo 0,8%, è chiaramente impossibile. Gli analisti lo avevano chiarito già da diverso tempo ed a sostegno di queste previsioni arrivano adesso anche le prime dichiarazioni ufficiali del presidente del consiglio italiano, Matteo Renzi, che per la prima volta nel corso di queste settimane ha chiarito senza mezzi termini come in nessun caso il sistema Italia andrà oltre la soglia dello 0,4%. In verità, le stime più realistiche parlano di uno 0,3%. Si tratta evidentemente di numeri drammatici, che declassano in maniera perentoria l’economia italiana e lasciano spazio ad una serie di profondissimi dubbi circa il futuro finanziario di un paese il cui Pil è oggi di 9 punti percentuali più basso rispetto al 2007 ed in cui la disoccupazione, a livello nazionale, sfiora, secondo i dati ufficiali forniti dall’Istat, il 15% per quanto riguarda il numero integrale e si attesta invece al 43,7% per quello che concerne i giovani: un dato fra i più alti in Europa, basta pensare in merito che il dato tedesco rimane ampiamente sotto l’8%. A tutto questo si aggiungono i deboli segnali di ripresa della nostra economia ed il durissimo confronto con le altre realtà europee. Anche senza andare a scomodare colossi come Germania e Svizzera (per cui l’FMI prevede una crescita intorno al 2%) si ha infatti la percezione del disastro italiano: il paragone con la Spagna è ad esempio impietoso, se si pensa che il Fondo Monetario Internazionale ha stimato la crescita degli spagnoli per il 2014 all‘1,2 % e al 2% per il 2015, numeri raggiunti grazie ad un sistema di riforme che ha prodotto segnali di concreta ripresa per Madrid e che in Italia è invece bloccato da un sistema politico fermo sulle riforme istituzionali. Ci supera addirittura persino la Grecia, che secondo il think thank Iobe dovrebbe raggiungere lo 0,7% spinta dal settore turistico e dai consumi delle famiglie, un‘analisi che si avvicina a quella che anche l’ Unione europea e il Fondo monetario internazionale hanno già previsto ( 0,6% quest’anno).

L’unico paese ad oggi in condizioni simili a quelle italiane risulta essere la Francia, le cui stime FMI parlano comunque di una crescita dello 0,7% per il 2014 (superiore, dunque a quella italiana ma in discesa rispetto alle previsioni) e la cui base industriale risulta comunque molto più solida di quella italiana.

„Sicuramente esiste il pericolo serio, per quanti stanno investendo sul mercato italiano in queesto momento, di dover fronteggiare un assalto di enormi dimensioni – continua Gianmaria Panini – Il sistema è debole, gli ambienti internazionali hanno ben chiara la mancanza di segnali di ripresa e miglioramento e lo stallo delle riforme politiche, per questo non è difficile ipotizzare uno scenario di criticità per la finanza italiana nei prossimi mesi. Per analizzare in diretta la situazione in questo senso basta anche solo concentrarsi sul grande numero di medi e grandi investitori che nel corso degli ultimi 12 mesi hanno deciso di trasferire i loro investimenti a società di gestione patrimoniali estere, come la nostra, Geneve Invest, o come tante altre che operano in contesti finanziari estremamente stabili e molto, molto solidi“. Il timore di una nuova crisi finanziaria è in effetti molto alto fra gli addetti ai lavori, per questo sono in molti ormai a proiettarsi sugli scenari esteri, ben consapevoli che un’eventuale nuova fase di crisi potrebbe stavolta significare il tracollo definitivo, in un sistema economico, quello italiano, già ampiamente scardinato.

Conti corrente all’estero e società di gestione patrimoniale indipendente. Il punto su Geneve Invest

Un’osservazione scrupolosa del sistema economico italiano. Il fenomeno dei conti corrente esteri: è sicuro aprirli? Quali sono gli intermediari più affidabili? Realtà vincenti: Geneve Invest

Mettiamo subito in chiaro una cosa: aprire un conto bancario all’estero non è illegale, anzi, è una pratica sancita e tutelata dal diritto internazionale e dal trattato di Maastricht. Allo stesso modo, anche i versamenti su un conto estero, di qualsiasi importo, non sono considerati una pratica illegale quando il trasferimento avviene attraverso un canale finanziario autorizzato, sarebbe a dire una banca od un intermediario residente.

Altro che paradiso fiscale. I tempi in cui gli italiani portavano i soldi in Svizzera nelle valigie di cartone, pregando di non essere fermati da un controllo di frontiera, sono ormai preistoria.

I numeri in questo senso parlano chiaro: secondo le stime del Fondo Monetario Internazionale fra giugno 2011 e giugno 2012 ben 235 miliardi di Euro sono stati trasferiti, legalmente, dall’Italia verso conti bancari esteri, soprattutto in Svizzera, Lussemburgo e Germania.

Si tratta di una statistica che non lascia scampo: gli italiani hanno deciso di guardare in maniera sempre più convinta agli istituti bancari ed agli intermediari finanziari stranieri. Fra le ragioni di questa tendenza, ormai divenuta strutturale, vi è certamente la necessità, da parte dei risparmiatori, di tutelare i propri capitali da una situazione politica ed economica estremamente instabile.

È infatti lunga la serie di manovre e provvedimenti che nel corso dell’ultimo triennio, e di quello a venire, hanno falcidiato i risparmiatori italiani. Guardando avanti e dunque a quello che sarà, e lasciando perdere quanto già è stato, vale ad esempio la pena soffermarsi sul cosiddetto Fiscal Compact, a molti noto anche come Patto di bilancio europeo o Patto di stabilità. In pratica si tratta infatti di un pacchetto di misure attraverso le quali l’Italia,al pari di tutti gli altri paesi europei ed a partire dal 2015, dovrà veicolare la riduzione del debito in eccesso del 60% del PIL, di un ventesimo all’anno per i successivi venti anni. Un impegno di proporzioni enormi, in termini numerici e che, per dare qualche cifra, obbligherà i governi di qualsiasi colore a manovre finanziarie da 50-60 miliardi di euro ed a sacrifici pesantissimi in quanto a riduzione della spesa pubblica e avanzo primario (che dovrà necessariamente attestarsi intorno al 4%). Evidentemente tutto ciò significherà un ulteriore rallentamento del sistema Italia, per quello che riguarda crescita e rilancio industriale, con conseguenze potenzialmente durissime per il comparto finanziario. A fronte di tutto questo, non diventa dunque difficile comprendere i motivi per i quali sempre più italiani decidono di tenere i propri soldi in conti bancari esteri, lontani dalle minacce di instabilità del mercato nazionale, da un eventuale blocco della circolazione dei capitali e da un eventuale prelievo forzoso sui conti corrente che, vista la situazione attuale, appare tuttaltro che immaginifico.

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Conto corrente in Svizzera

D’altronde, per aprire un conto bancario in Svizzera od in un paese dell’Unione Europea, è sufficiente recarsi in banca con un documento di identità: nessun trucco e nessuna procedura illegale, grazie all’internet banking oggi è possibile gestire il proprio conto corrente comodamente da casa e senza patemi. Alcuni intermediari offrono inoltre sia la possibilità di aprire il conto corrente a distanza, senza doversi per forza recare nel paese prescelto, che, in casi più rari, un incontro diretto in Italia nel programmare l’apertura del conto. Secondo la normativa italiana vigente, la gestione di un conto corrente all’estero con consistenza o movimentazione superiori a 10.000 euro comporta l’obbligo di compilazione di alcuni riquadri specifici presenti all’interno del modello Unico per la dichiarazione dei redditi, con una tassazione sulle plusvalenze maturate perfettamente paritaria rispetto ai conti correnti nazionali, ma con un vantaggio notevole in termini di tranquillità.

La tutela dei clienti resta dunque un elemento centrale della cultura bancaria fuori dai confini del nostro paese, dove di certo, al contrario che in Italia, nessun correntista rischia il blocco del proprio conto a causa di un’incomprensione con Equitalia (per dire…): un conto estero non può infatti essere sequestrato dall’Italia a meno di una rogatoria internazionale per reati penalmente perseguibili anche nel paese di riferimento, un atto evidentemente molto complesso cui si ricorre soltanto in casi estremamente “pesanti“.

Se sino a 10 anni fa l’apertura di un conto corrente bancario all’estero era dunque appannaggio esclusivo di quanti volessero nascondere parte dei loro immensi capitali all’interno di un sistema bancario protettivo ed esclusivo, oggi, con le nuove regole di legalità ed uno scenario economico profondamente mutato, sono i normali risparmiatori a fare la parte del leone.

Oggi trasferire del denaro su un conto estero, sia esso ubicato in Svizzera o in un altro paese qualsiasi, è una procedura che gran parte dei risparmiatori svolgono secondo processi perfettamente legali e con l’unico intento di accedere ad un sistema bancario più sviluppato, conveniente e professionalizzato di quello italiano e di cogliere opportunità di investimento molto più interessanti di quelle offerte dal panorama finanziario interno.

 

Società indipendenti: la realtà Geneve Invest

Senza dubbio il ventaglio di società lussemburghesi e svizzere (davanti a tutti in Europa nell’offerta di consulenza in ambito finanziario) autorizzate a lavorare sul territorio europeo, che offrono servizi di gestione patrimoniale indipendente è infatti nettamente più alto e professionalizzato rispetto a quello italiano.

Fra queste società, abbiamo ad esempio analizzato l’offerta di Geneve Invest, che vale la pena menzionare visti i recenti risultati che l’hanno portata a diventare una realtà importante fra le società di gestione patrimoniale in Europa e tramite la quale è possibile appoggiarsi, per l’apertura di un conto, sia ad istituti svizzeri che lussemburghesi. Gli obiettivi di eccellenza raggiunti da Geneve Invest sono rappresentati da un approccio orientato alla massima trasparenza, grazie a pratiche di intermediazione libere da qualsiasi conflitto di interessi, ad una tipologia di offerta varia e strutturata che comprende, ad esempio, anche obbligazioni corporate, e ad una politica di costi trasparente e contenuta, con un occhio di riguardo per i normali risparmiatori.

Il vento sta cambiando insomma, oggi sono i risparmiatori a portare via dall’Italia, legalmente, i loro capitali, alla ricerca di una maggiore tutela e di uno spazio di gestione più sicuro e condiviso in relazione alle loro necessità di investimento.

 

Genève Invest per investire sulla Svizzera

La Svizzera è per antonomasia uno dei centri finanziari più importanti al mondo per quel che riguarda la gestione dei patrimoni: i capitali giungono in massa da queste parti, sia per le competenze in ambito finanziario che fiscale, due notevoli vantaggi per gli investitori. Una delle maggiori specializzazioni è quella che può vantare Genève Invest, una compagnia di Ginevra per l’appunto che ha focalizzato di tempo la propria attenzione sui clienti stranieri e che mette a disposizione diversi servizi che si possono davvero definire innovativi. Un esempio su tutti è quello dei titoli obbligazionari a tasso fisso; in pratica, si tratta di alternative di un certo tipo ai normali investimenti con il deposito vincolato che vengono offerti dagli istituti di credito di maggiori dimensioni.