Titolo JP Morgan in rosso

JP MorganWall Street è in rosso, dopo una serie di records continui. Il premarket di oggi indica leggere perdite, molto contenute, dello 0,03% per i future del Dow Jones, e dello 0,09% del S&P 500 è in calo dello 0,09%, mentre per il Nasdaq l’apertura dovrebbe essere invariata. I mercati sono in attesa di alcuni dati fondamentali per la macroeconomia statunitense, le richieste settimanali di sussidi di disoccupazione e l’indice dei prezzi alla produzione. L’inflazione non riesce a decollare e questo sta frenando i mercati, che sono in attesa di conoscere almeno il dato alla produzione, più che quelli sulla disoccupazione, per la prima volta in aumento dopo sette anni.

Ma oggi è la giornata anche di JP Morgan e Citigroup, che dovranno pubblicare trimestrali. Nonostante i buoni dati, i futures di JP Morgan oggi sono in negativo (0,9%), ma si aspetta una reazione per domani. I dati infatti segnano un utile migliorato di 6,73 miliardi, pari ad un dividendo di 1,76 dollari per azione. La banca statunitense è una delle più performanti quest’anno in borsa, e questi risultati faranno sicuramente salire le azioni, tanto che il famoso analista James Fotheringham ha portato il target price a 61 dollari. Oggi l’azione è valutata 49,18 dollari, ma soprattutto i dati trimestrali sono migliori rispetto ai 1,65 dollari per azione previsti dagli analisti. Anche il fatturato è superiore alle attese: 26,2 miliardi invece dei 25,23 previsti.

Goldman Sachs abbassa rating azioni Saipem

Il titolo di Saipem cala a Piazza affari. La colpa? Il ribasso delle stime relative al titolo da parte di Goldman Sachs. La banca americana ha infatti passato il rating relativo allo stesso da buy a neutral a causa di alcune incertezze nel breve termine.

A Milano sta spopolando il crowdfunding? Ecco come funziona la nuova piattaforma Housers

Investire nel mattone con soli 50 euro in tasca? Al giorno d’oggi il web ha rivoluzionato tanti aspetti della nostra vita e il nuovo fenomeno del crowdfunding immobiliare lo potrà fare ancora di più. In un settore che respira per la prima volta dopo tanto tempo un vento di timida ripresa, ecco che questa nuova soluzione potrebbe rappresentare un ottimo aiuto per spiccare definitivamente il volo. Anche perché Housers, questo il nome della piattaforma lanciata in Italia, ha già ottenuto un grande successo sin dal 2015.

In realtà, il lending crowdfunding è un sistema di investimento nel settore immobiliare che è già conosciuto da molti anni negli Stati Uniti e nel Regno Unito, dove ci sono oltre 100 portali sul web che offrono tale servizio agli utenti. In Italia, chiaramente, è arrivato da poco con Housers e, di conseguenza, bisogna ancora capire bene come funzioni. Eppure, il principio che sta alla base di questa società è davvero molto semplice ed è legato al finanziamento collettivo. I tre elementi fondamentali del progetto sono la semplicità, la partecipazione e la trasparenza.

In sostanza, Housers mette in vetrina online degli immobili e gli utenti scelgono su quale asset investire. Questi ultimi si devono prima di tutto registrare alla piattaforma online. L’immobile, che viene prima messo a reddito e poi rivenduto in seguito alla riqualificazione, offre agli utenti la possibilità di ricavare un doppio ritorno rispetto al capitale che è stato investito. Se da un lato c’è il rendimento che è correlato alle rendite dell’affitto (intorno al 3,80% annuo), c’è anche quello che si riferisce alla rivendita in seguito alla rivalutazione dell’immobile.

Solo appartamenti in Italia? No, sulla piattaforma c’è la possibilità di investire sia su asset nostrani che su immobili che si trovano nelle principali città spagnole, come Madrid o Barcellona. Circa il 60% degli utenti ha preferito investire all’estero e il vantaggio di affidarsi ad una piattaforma del genere è legato anche al capitale minimo da investire. E a breve, come sostenuto dal CEO di Housers Italia Giovanni Buono, ci sarà la possibilità di investire anche in Portogallo.

Rialzo dei tassi: Germania preoccupata da scoppio bolla

bolla finanziariaIl ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble, che non dovrebbe comunque far parte del nuovo governo, ha dichiarato tutta la sua preoccupazione per una nuova bolla finanziaria pronta a scoppiare, nel caso di rialzo dei tassi da parte della BCE. La preoccupazione, condivisa da molti analisti, è per l’accumulo della liquidità e l’aumento del debito pubblico e privato”, che con il rialzo potrebbero scatenare un’altra crisi. Tra gli analisti concordi con la visione di Schaeuble, la Banca dei Regolamenti Internazionali, che aveva già lanciato l’allarme prima del tedesco. Tutto il pianeta sarà sotto pressione, perché ormai abituato al credito a tassi bassi, e non pronto ad una nuova stretta monetaria. La crisi insomma, sarebbe stata superata solo grazie al credito molto conveniente, ma senza quella struttura solida capace di garantire un’economia stabile di fronte a “tassi normali”.

In particolare, l’economia anglosassone, che secondo Schaeuble non godrebbe di concordati con i lavoratori, sarebbe a forte rischio, coinvolgendo così anche il resto dei paesi. Secondo la BCE però, e il suo stress-test, le banche sarebbero pronte al rialzo dei tassi, e anzi guadagnerebbero da un aumento degli interessi ricavati dal credito per almeno tre anni. Solo un’esagerazione tedesca dunque, non confermata dalla banca centrale, i cui test hanno invece indicato che proprio il rialzo dei tassi sarebbe la mossa giusta per confermare la ripresa e abbassare i debiti. Intanto gli investitori restano incerti, e le borse contrastate.

Cattolica, entra Buffett ed il titolo vola

Talvolta basta un cambiamento specifico per dare una spinta ai titoli di una società in modo netto e l’entrata di Warren Buffett in Cattolica ne è stata una dimostrazione netta: basta pensare al volo preso dalle azioni della società fin dall’apertura.

Il giorno nero delle banche: meglio disinvestire?

Ieri è stato il giorno nero delle banche, e anche oggi le cose non stanno andando meglio. I bancari sono stati indubbiamente i peggiori titoli a Milano, e oggi Ubi Banca perde il 2,8%, Bper Banca il 2,17%, Banco Bpm l’1,9% e Intesa Sanpaolo l’1,16%. Gli operatori stanno disinvestendo, dopo il rapporto della BCE che porterà le banche ad una maggiore attenzione sui crediti deteriorati. Ecco perché gli investitori stanno realizzando i profitti ora, con grandi vendite, che stanno portando i titoli giù.

La BCE inasprirà i requisiti delle banche sui crediti, che costeranno il 10% in più nei prossimi 2 anni. I titoli delle banche perderanno circa il 9%, e chi ha in portafogli oggi le azioni degli istituti di credito, è meglio che ne tragga profitto subito, prima di perdere i realizzi. Il settore bancario aveva guadagnato molto negli ultimi mesi, con le notizie positive sulla raccolta e sui bilanci delle principali banche, ma ora è arrivato il momento di disinvestire, perché i rialzi sono finiti. Probabilmente, dal documento consultivo dell’altro giorno, a quello attuativo che verrà emanato, le regole saranno ammorbidite, ma comunque le banche conosceranno un declino del prezzo delle loro azioni, specialmente quelle italiane, meno pronte all’attuazione delle procedure.

NPL, BCE richiede accantonamento totale da gennaio

La Banca Centrale Europea ha reso noto di volere, da parte delle banche dell’Eurozona, un accantonamento al 100% dei non performing loans di nuova classificazione: e tutto questo a partire da gennaio 2018. La nuova guidance è rivolta al tentare di evitare peggiori conseguenze.

I Fondi Comuni d’Investimento alla conquista dell’Italia

Fondi Comuni

In Italia i Fondi Comuni d’Investimento hanno ormai superato, per dimensioni, i mercati finanziari, e rappresentano, con quasi 1000 miliardi, il 54% degli investimenti dei nostri cittadini, per la felicità delle banche e dei gestori di fondi, che corrispondono rendimenti minori, chiaramente, rispetto a quelli che si otterrebbero attraverso una gestione diretta dei propri investimenti.

Ad agosto i fondi hanno raggiunto una raccolta di 972 miliardi, con 55 miliardi in più, raccolti da gennaio, rispetto all’anno precedente.

Le famiglie italiane insomma, cercano di investire sempre più nei fondi, forse per scarsa fiducia dei mercati, ma probabilmente, per il senso di sicurezza nell’affidare a qualcuno di competenza, la gestione degli investimenti. E infatti sulla mancanza di competenze che puntano il dito gli analisti, mentre le banche e i gestori dei fondi sono ben contenti della loro potenza finanziaria. I fondi difatti, si rivolgono poi ai mercati, e qui speculano, mentre sono sempre di meno gli investimenti nelle obbligazioni statali italiane. Siamo infatti ai minimi storici, per quel che riguarda le aste dei Bot, nonostante a propensione al risparmio degli italiani, con la piccola ripresa economica, abbia segnato un buon +11,8%, tornando ai livelli pre-crisi. Ma negli ultimi due anni, questi sodi vengono investiti in fondi, e non direttamente.

Inchiesta Araba Fenice: Ilva si difende e confida nell’operato della Magistratura

I passi in avanti nelle indagini preliminari svolte dalla Procura di Lecce ha portato all’iscrizione di ben 31 persone nel registro degli indagati in merito alla questione di una presunta gestione non autorizzata e non conforme alla legge nello smaltimento dei rifiuti. I tre soggetti su cui si sta indagando sono Ilva, Enel e Cementir di Taranto. Nello specifico, l’inchiesta “Araba fenice” ha messo nel mirino la vendita di un loppa d’altoforno da parte di Ilva a Cementir Italia e la vendita di ceneri di carbone dalla centrale Enel di Brindisi.

Una situazione molto rischiosa quella di Enel, che sembra fosse al corrente di come le ceneri vendute venissero classificate come rifiuto semplice, quando al contrario in realtà, proprio per via delle sostanze utilizzate nella loro generazione, si dovevano assolutamente considerare come pericolose. Tutto nasce da un sequestro penale portato a termine nel 2012 relativo a due specifiche aree dello stabilimento Cementir di Taranto. Gli accertamenti, portati avanti dalla Procura grazie ad una perizia tecnica e varie analisi chimiche, hanno evidenziato come la loppa d’altoforno che è stata venduta da Ilva a Cementir non rispettava le leggi comunitarie. Il motivo? C’erano degli scarti o vari rifiuti eterogenei che andavano ad influenzare notevolmente la capacità di impiego della loppa nel processo di produzione del cemento.

Una conclusione che ovviamente non corrisponde alla posizione di Ilva che, tramite un comunicato diffuso dai tre commissari straordinari della società, ha già fatto sapere di essere pronta a collaborare fin da subito con la Procura di Lecce proprio per dimostrare la propria totale innocenza in merito alla questione nata dalle indagini. Ben più grave, invece, la posizione di Enel di Brindisi, visto che diverse intercettazioni telefoniche hanno fatto emergere come le figure dirigenziali societarie erano perfettamente a conoscenza di come le ceneri di carbone vendute a Cementir in realtà contenessero sostanze pericolose.

Banche italiane e il futuro incerto

bancheNegli ultimi anni è stato detto molto sulle banche italiane. Le protagoniste sono state le banche insolventi come Monte dei Paschi di Siena, banca Popolare di Vicenza, Banca Etruria o Banca Marche per citare alcuni nomi. Si è chiarito il ruolo poco lungimirante di Banca d’Italia che non è stata in grado di controllare gli istituti menzionati e si è visto come l’effetto dell’introduzione di più stringenti regolamenti da parte della Banca Centrale Europea abbia portato allo scoperto situazioni poco gradevoli.

A questo punto c’è da chiedersi se ci sia ancora speranza nelle banche più consolidate come Unicredit e Intesa Sanpaolo. Sono ancora banche sicure per i loro clienti e per gli investitori? Costituiscono un buon asset in un portafoglio di investimenti azionari?

La situazione interna

Recentemente, sia Unicredit che Intesa Sanpaolo hanno annunciato una serie di esuberi nell’ordine delle migliaia. Osservando il fenomeno con un occhio più accorto, si notano delle differenze abissali alla base degli esuberi.

Unicredit dichiara di essere la banca con più filiali sul territorio. Ancorché questo possa essere positivo per alcuni clienti, l’istituto bancario si sta scontrando con le abitudini dei Millennial, ossia coloro nati tra il 1981 e il 2005. Secondo diverse ricerche, il 94% usa l’internet banking e non necessita di una filiale. L’effetto su una banca con molte filiali sembrano essere chiare e i recenti esuberi, circa 4000, sembrano muoversi in quella direzione. Tuttavia, il titolo sembra performare bene, come si può vedere dal seguente grafico tratto da Bloomberg.

Fonte: Bloomberg

Per quanto riguarda Intesa Sanpaolo, gli esuberi risultano ammontare a circa 4000. Tuttavia, non si deve dimenticare che l’istituto guidato da Messina deve integrare le due ex-popolari recentemente acquisite, pertanto l’operazione non dovrebbe destare troppi sospetti se vista in un’ottica di efficientamento. Proprio quest’ottica dovrebbe portare a pensare ad un outlook positivo. Osservando il valore dell’andamento azionario si vede un certo trend positivo da gennaio, anche se è innegabile notare una certa variabilità.

L’investimento azionario

In entrambe le banche, la situazione interna è instabile e questo porta ad una variabilità del titolo sui mercati azionari. In questo scenario, l’investimento azionario nei titoli bancari dei due istituti presenta un rischio legato alla forte volatilità di entrambi i titoli nell’arco dell’anno.

Questa volatilità potrebbe essere sfruttata nell’ambito di un investimento azionario nel breve termine, come ad esempio attraverso piattaforme di trading. È altrettanto certo che entrambi i titoli sembrano mostrare un certo trend nel lungo periodo e questo potrebbe essere un secondo tipo di investimento, legato ad un lasso temporale di alcuni mesi o addirittura anni. In questo secondo caso, sono davvero pochi i trader in grado di rimanere freddi durante le correzioni di mercato e puntare al lungo termine.

La situazione esterna

Come se non bastasse una situazione interna volatile, lo scenario macroeconomico sembra giocare una parte sempre più rilevante per l’intero settore bancario. Nonostante i fondamentali dell’economia a livello globale possano sembrare buoni, il rischio politico va intensificandosi in alcune aree geografiche e la tecnologia sta subendo sviluppi esponenziali con lo sviluppo di processi decentralizzati che potrebbero avere un effetto enorme sull’intero settore bancario e in ultima analisi sui titoli azionari e sull’investimento azionario.

Le informazioni pubblicate su questo articolo hanno finalità informativa, e/o pubblicitaria/promozionale e non sono in alcun modo da intendersi né come consulenza, né come sollecitamento all’investimento.

Le attività di trading comportano un alto livello di rischio e non sono adeguate a tutti gli investitori.

Banche Popolari verso le spa, anche Bari ci crede

Dopo quasi un anno di attesa, la decisione della Corte costituzionale sulla riforma delle banche popolari potrebbe arrivare nei primi mesi del 2018. Gli ultimi due istituti di credito a non aver fatto il grande salto a società per azioni sono la Banca Popolare di Bari e quella di Sondrio. Ma all’appuntamento con il nuovo anno arrivano con situazioni diverse: il rilancio sul mercato e un percorso di adeguamento agli obblighi delle spa per il Gruppo barese guidato dal presidente Marco Jacobini, un atteggiamento più conservatore per Sondrio dove è in atto anche un contenzioso fra i soci storici e il fondo d’investimento Amber.

La Popolare di Bari ha dato il via alla cartolarizzazione dei mutui ipotecari residenziali, affidata al partner JP Morgan e ha affidato a Cerved, con un accordo decennale, la gestione delle sofferenze e delle inadempienze probabili. Sul bilancio, pesa ancora l’incorporazione di Tercas, l’ex Cassa di Risparmio di Teramo che era finita in amministrazione controllata. Un esborso di 500 milioni di euro che la Popolare ha dovuto tirare fuori di tasca sua nel 2014, pochi mesi prima del salvataggio statale delle ormai famose Banca Etruria, Banca Marche, Carife e Carichieti.

Fra incertezze legislative e difficoltà dell’intero sistema bancario nazionale, il valore delle azioni di BPB è sceso nel 2016 da 9,53 a 7,50 euro, aumentando per contro la preoccupazione dei circa 70 mila soci. Del resto, proprio le norme sul diritto di recesso emanate dalla Banca d’Italia, in attuazione della riforma di Renzi, erano finite nel mirino del Consiglio di Stato laddove si stabiliva il potere di azzerare tale diritto da parte di Via Nazionale.

Altrettanto privo di base legislativa, sempre secondo il CdS, il divieto di costituire una holding cooperativa attraverso la quale i soci potrebbero continuare ad esercitare il controllo sulla banca trasformata in spa. Una soluzione questa, guardata con particolare favore dalla Popolare di Sondrio e non esclusa dal Gruppo barese.

Le obbligazioni Barclays disponibili da oggi

barclaysPer gli investiori italiani scatta oggi la caccia alle obbligazioni subordinate della Barclays, negoziabili in Borsa Italiana (ExtraMot), al rendimento del 1,2%. Scadenza tra quattro e cinque anni, per i due titoli Lower Tier II, e si tratta di un’emissione attesa sette anni. Il gigante bancario della Gran Bretagna infatti, aveva dato ai mercati le ultime obbligazioni nel 2010, in piena crisi. Crisi che aveva fatto interrompere le emissioni fino a questo agosto, quando aveva piazzato un Coco Bond da 1,25 miliardi di sterline al 5,875% per gli investitori istituzionali.

Ora i due titoli, da due miliardi di euro, un miliardo in scadenza nel 2021 al 6% di tasso fisso coupon, e un miliardo al 6,625% in scadenza nel 2022. Il primo coupon da pagare annualmente il 14 gennaio, il secondo il 30 marzo. Per le scadenze, il rendimento del titolo al 2021 è dello 0,95%, mentre per il titolo a scadenza per il 2022, è del 1,2%. Gli importi minimi (moltiplicabili) acquistabili sono fissati a 50mila euro.

Per quel che riguarda la situazione finanziaria della banca, il secondo quadrimestre di quest’anno è stato nel segno negativo, con una perdita di 1,4 miliardi di sterline, una vera inversione di tendenza rispetto ai 433 milioni di utile netto dell’anno scorso. Tra le cause, la stagnazione dei settori di retail, il calo dei capitali e dei bond, e soprattutto il risarcimento ai clienti di 700 milioni di sterline per la fornitura di prodotti assicurativi non richiesti.

Borse europee in ribasso dopo voto Germania

Le borse europee aprono al ribasso all’indomani del risultato del voto in Germania. E sebbene i cali al momento sembrino essere contenuti e il mercato ancora fiducioso, c’è da chiedersi se vi saranno nuove conseguenze per ciò che concerne la difficile vittoria di Angela Merkel.

BCE, previsioni Pil riviste al rialzo: ripresa ancora in atto

La ripresa in Europa è ancora in atto: parola della BCE. Ed una delle maggiori conseguenze di questo dato è la revisione al rialzo delle previsioni sul Pil da pare della BCE.  Sono questi i principali temi dell’ultimo bollettino della banca centrale europea, che tra un dato e l’altro sottolinea come i lavoro di immigrati e donne sia basilare per raggiungere tali risultati.