Quale sarà l’impatto del Coronavirus per il Real Estate italiano?

La diffusione del Covid-19 ha messo in ginocchio tutti i settori dell’economia globale e sta avendo un forte impatto anche su quello del Real Estate. A parlare oggi del comparto immobiliare con uno sguardo alla situazione delicata dell’Italia, il dott. Panini, Amministratore Delegato di ELVinvest.

immobiliare e coronavirus
Sale house and calculator

“Con il 90% delle attività costrette al lock-down totale e le misure di social distancing, il settore immobiliare si trova adesso a fare i conti con una dura battuta d’arresto. Secondo le stime, in Italia rischiano di andare in fumo oltre 20 miliardi di euro di transazioni immobiliari. Anche nel mercato globale si registra un temporaneo calo delle operazioni, conseguenza diretta delle restrizioni alla libertà di movimento.”

“Nonostante le attuali difficoltà”, spiega il dott. Panini, “la situazione, la profondità e la durata dell’impatto che potrà avere la pandemia variano profondamente da Paese a Paese. Infatti, se la crisi sanitaria non ha guardato in faccia nessuno costringendo la popolazione mondiale a farvi fronte, come i singoli Stati si rialzeranno e reagiranno alla bufera dipende dalla salute delle economie preesistenti all’incombere del virus.

Infatti, una volta superata la fase di shock iniziale, inevitabile conseguenza “logistica” della temporanea battuta di arresto di transazioni ed operazioni di investimento, per mercati in buona salute la crescita riprenderà. Dove invece le quotazioni del mattone erano, già sul nascere, in disallineamento rispetto al valore intrinseco dei beni ed ai fondamentali economici, la pandemia contribuirà ad accelerare un declino già in atto”.

L’impatto del virus sul mercato immobiliare italiano secondo ELVinvest

“Purtroppo, se si guarda all’Italia, la situazione è particolarmente drammatica a causa degli andamenti negativi che già si erano registrati a partire dall’ultimo trimestre del 2019. Infatti, nonostante le stime per il settore immobiliare facessero auspicare ad una timida ripresa per il 2020, potendocisi aspettare un rialzo del PIL pari a circa lo 0.4%, questo barlume di ottimismo è stato bruscamente spazzato via dallo scoppiare della pandemia che ha intaccato un’economia già molto debole.”

“Sebbene sia difficile allo stadio attuale fare previsioni precise” precisa il dott. Panini “le nuove stime sul PIL per il 2020 prevedono un crollo pari al 2%, ipotesi “soft”, o addirittura del 10% a detta dei meno ottimisti. Attività serrate, turismo congelato, shock della domanda e crisi della liquidità sembrano essere diventate le nuove costanti per l’Italia in periodo di crisi”.

Ma guardando ai diversi comparti quali sono le differenze nel Bel Paese?

“Per quanto riguarda il comparto residenziale, il 2019 è stato un anno caratterizzato da una leggera ripresa nell’ambito delle compravendite, ripresa cui però non ha corrisposto un aumento dei prezzi” spiega Panini. “Con il diffondersi del virus la domanda immobiliare ha subito una drastica flessione e le speranze che la crescita aumentasse e si protraesse per il 2020 sono andate rapidamente in fumo. Stando alle previsioni per i prossimi due anni, si prevedono forti cali delle compravendite. Si assisterà inoltre a un cambiamento nelle preferenze degli acquirenti verso un maggiore allineamento con i nuovi dogmi imposti dal distanziamento sociale, privilegiando tutti quegli aspetti legati alla comodità e alla sicurezza dell’abitazione.

Anche nel settore commerciale si prevede un forte calo dei rendimenti. Ad oggi sono poche le aziende italiane ed essere attrezzate per la pratica dello smartworking: il trend per i prossimi mesi vedrà dunque una massiccia riqualificazione delle vecchie strutture per adattarle rapidamente alle nuove esigenze.

Inoltre, a causa del blocco turistico e della cancellazione delle prenotazioni per i mesi a venire, il settore alberghiero si trova ora in una fase di piena crisi. Per salvare questa asset class c’è chi si illude sperando nella concessione di finanziamenti statali, sul lungo termine e senza interessi. Manovra questa che potrebbe dare una boccata di ossigeno alle attività, da destinare alle principali città turistiche del nord Italia – come Milano, Bologna e Firenze”. Purtroppo una speranza vana secondo la visione di ELVinvest.

Le sfide attuali per il mercato immobiliare

L’impatto del virus è e sarà molto differenziato, le difficoltà colpiscono simultaneamente sia il lato della domanda che quello dell’offerta. “Esattamente” riprende il dott. Panini “se da un lato i potenziali acquirenti hanno assunto una posizione attendista nella speranza di un ritorno alla normalità, dall’altro lato, invece, continua a calare la fiducia degli investitori preoccupati per la stabilità dei propri assets nel lungo periodo. È difficile prevedere con esattezza la durata o l’impatto che avrà la crisi epidemica sul settore immobiliare, così come i tempi di recupero una volta che le attività verranno ripristinate”.

“Un elemento centrale per la rinascita dei vari business sarà sicuramente la trasformazione digitale. Videoconferenze, chat-boot ed e-learning saranno un trend destinato a crescere nel lungo periodo e sempre più operatori immobiliari si convertiranno al lavoro in remoto. Anche l’attività degli intermediari immobiliari verrà ripensata in chiave digitale, così da offrire ai propri clienti tutti i servizi di virtual office necessari per l’accesso agli acquisti online.

Prospettive future per il mattone

“Come accennato in introduzione” conclude Panini “è importante contestualizzare l’avvento della crisi ed analizzare i singoli sistemi economici che la pandemia ha intaccato nelle scorse settimane. Economie stabili e sorrette da fondamentali in buona salute, quali PIL in aumento o stabile, tassi di disoccupazione ed inflazioni ridotti, sapranno rialzarsi e nel medio termine non si può escludere che questa fase di “distruzione” potrà servire da acceleratore positivo, creando delle opportunità per gli investitori che sapranno agire in modo strategico individuando opportunità nei mercati migliori”.

Sul nuovo ponte di Genova la maxi-campata da 100 metri, le operazioni affidate a Fincantieri

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In 48 ore una squadra di quasi 50 persone ha portato una campata del peso di 1.800 tonnellate ad oltre 40 metri di altezza. Questi i numeri principali di tutta l’operazione che ha visto il posizionamento dell’ultima maxi-campata da 100 metri sul nuovo ponte di Genova.

Le operazioni sono iniziate sabato e hanno richiesto il coordinamento di attività complesse, sia per la mole che per la posizione, che sono state realizzate dai tecnici e dai saldatori di Fincantieri Infrastructure, che hanno adottato ulteriori misure di sicurezza per far fronte alla grave emergenza sanitaria che condiziona il Paese.

In linea con le azioni specifiche messe in campo da Fincantieri in relazione all’emergenza Covid-19: assicurazione sanitaria integrativa ad hoc per tutti i dipendenti e chiusura dei propri stabilimenti, con l’impegno di riprendere le attività solo quando sarà possibile garantirne lo svolgimento nella piena sicurezza dei lavoratori. Un approccio come sempre sobrio, responsabile, improntato al fare, prima che al dire.

La costruzione di tutto l’impalcato in acciaio, con lo sviluppo delle sue componenti tecnologiche, è stata affidata a Fincantieri Infrastructure e alle società del gruppo Fincantieri. Si tratta di 6.000 tonnellate d’acciaio lavorato e modellato negli stabilimenti del gruppo Fincantieri.

Ecco che in poco più di un mese l’infrastruttura progettata da Renzo Piano ha raggiunto circa 800 metri di lunghezza delle campate, quasi l’80% dell’intera struttura, arrivando a scavalcare la ferrovia.

A conclusione dell’operazione l’amministratore delegato di Fincantieri, Giuseppe Bono, ha detto che si tratta di: “un risultato importante nel percorso che porta verso il completamento del nuovo ponte e che vogliamo dedicare a tutto il Paese, che oggi fronteggia un’emergenza senza precedenti, seconda solo al periodo post bellico”.

Anticipando inoltre che “Fincantieri metterà a disposizione tutte le proprie competenze affinché questo sforzo sia produttivo nel più breve tempo possibile, e nell’immaginare con tutte le persone responsabili il nuovo modello di sviluppo economico che ne dovrà derivare”.

“Una volta ancora dobbiamo ringraziare – ha evidenziato – tutti i nostri tecnici e operai che con il loro saper fare e con spirito di abnegazione hanno permesso al cantiere di restare operativo, rispettando gli obiettivi fissati, in un contesto sfidante per la loro salute, che continueremo a tutelare in ogni modo e ad ogni costo, perché prioritaria e imprescindibile”.

Il Gruppo Fincantieri, leader mondiale nella navalmeccanica e prima azienda della città, è impegnato nella costruzione del nuovo Ponte di Genova nel duplice ruolo di socio e affidatario per un valore pari al 70% dell’intera commessa.

La decisione di Fincantieri di sospendere l’attività fino al 29 marzo convince la Uilm

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“Fincantieri, invece, si è fatta carico di anticipare il periodo di fermata con una retribuzione piena chiedendo il piccolo sacrificio di modificare il normale programma delle ferie annuali”. Così Rocco Palombella, segretario generale Uilm, sulla decisione di Fincantieri di sospendere l’attività per due settimane.

Il segretario dell’Unione italiana lavoratori metalmeccanici spiega, in una nota diffusa oggi, che “mentre la situazione del Paese continua ad aggravarsi, con oltre quarantamila persone contagiate e oltre tremila morti in un mese, superando perfino i decessi della Cina, e il sistema produttivo al collasso che rischia una fermata generalizzata, non è il momento di polemiche assurde”.

“Fincantieri – aggiunge Palombella -, fin dall’inizio dell’emergenza Coronavirus, è stata immediatamente disponibile a fermare tutti i cantieri italiani dal 14 al 29 marzo, salvaguardando gli oltre 9mila dipendenti e i circa 18mila lavoratori di tutto il complesso sistema degli appalti, senza nemmeno attendere, come hanno fatto molte altre, che il Decreto ‘Cura Italia’ introducesse la cig per Covid-19, che come noto non ha nessun costo per le imprese, essendo a totale carico dell’Inps, e comporta una decurtazione per il salario dei lavoratori pari a circa 200 euro per 15 giorni”.

La decisione di Fincantieri di fermare le attività fino al 29 marzo era basata sulla speranza di ritorno alla normalità entro quella data e quindi della necessità di non perdere le scadenze degli ordini. “Purtroppo – dichiara il leader Uilm – la situazione nel frattempo è precipitata e non sappiamo ancora quali saranno le conseguenze sul mercato del turismo, ma anche sulla cantieristica e crocieristica, e sulle migliaia di lavoratori interessati”.

Palombella non nasconde la preoccupazione per la situazione del Paese, ma evidenzia come il sindacato ritiene “corretto e coraggioso il comportamento assunto da Fincantieri. Chiediamo all’azienda di continuare a rappresentare, nonostante la grave crisi, un punto di riferimento nella salvaguardia di migliaia di posti di lavoro e in uno dei settori fondamentali per il nostro Paese”.

La Uilm richiede a Fincantieri, come fa sapere il suo segretario, di “intervenire con tutti gli strumenti che riterrà opportuno per contribuire a risolvere questa drammatica situazione insieme alle organizzazioni che stanno combattendo in prima linea contro l’emergenza, continuando ad avere un approccio costruttivo nel rispetto delle migliaia di lavoratori che rischiano gravi conseguenze”.

“Al contempo – afferma infine Palombella – riteniamo non solo stucchevole ma addirittura assurda la preoccupazione di qualcuno, che in questi giorni tragici per l’Italia continua a preoccuparsi solo della programmazione delle ferie estive. Diciamo a costoro di tornare alla realtà, perché altri e ben più gravi problemi attanagliano oggi i lavoratori italiani, problemi che come sindacato dobbiamo contribuire a fronteggiare, facendo fronte comune”.