La risalita dei fondi comuni di investimento

Appare opportuno registrare una risalita per quanto concerne i fondi comuni di investimento.

La buona notizia, però, non basta a oscurare il dato del rendimento: è più basso in confronto a quello presentato da altri Paesi.

Nonostate l’exploit nella raccolta in striscia positiva ormai da circa due anni e il record del patrimonio censito da Assogestioni, complice il crollo del rendimento dei titoli di Stato, gli strumenti principi del risparmio continuano ad avere performance complessivamente inferiori ai loro mercati di riferimento, costi fino al quadruplo rispetto ai fondi statunitensi, movimentazioni (troppo) frequenti e crescente irrilevanza rispetto al Pil italiane, mentre in Europa la dinamica è totalmente opposta.

La panoramica, non troppo negativa, arriva dall’ufficio studi di Mediobanca, che raramente è stato tenero con il risparmio gestito nazionale, ed è giunto alla 23° edizione della sua “Indagine sui Fondi e Sicav Italiani”. Sono stati setacciati 972 fondi di diritto italiano, facenti capo agli operatori più importanti, oltre a 1417 fondi incorporati e liquidati fino a tutto il 2014, per un tasso di rappresentativirtà pari al 95% del comparto fondi aperti e del 97% nelle altre categorie.

Ma vale la pena soffermarsi sulle buone notizie. La raccolta netta del campione è tornata positiva dopo 9 anni in rosso: era dal 2003 che i nuovi flussi non superavano i riscatti. Nel 2013 la raccolta è stata positiva per 17 miliardi, e il patrimonio dei 972 fondi si è attestato a 225 miliardi. Tuttavia il ridimensionamento dell’industria fondi – che occupa il 14° posto al mondo, mentre era quarta nel 2004 – dà ai fondi italiani un 9% di incidenza sul Pil, contro un 42% di

Nello stesso quindicennio, in Europa i fondi sono saliti dal 48% al 75%. A questa dinamica, va detto, non è estraneo lo spostamento all’estero – favorito dai gestori autoctoni – di grandi patrimonio in gestione, specie in Lussemburgo e Irlanda.

 

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