Le imprese vanno più sulle obbligazioni che sui prestiti bancari per finanziarsi

obbligazioni-societarieI primi mesi del 2017 i bond delle aziende italiane non finanziarie hanno registrato andamenti migliori rispetto all’anno precedente, e le società nostrane hanno aumentato i finanziamenti derivanti dalle emissioni di obbligazioni rispetto alla richiesta di prestiti bancari. Si prevede che quest’anno si arriverà a 22 miliardi di obbligazioni, e l’anno successivo a 25 miliardi. In Italia comunque il mercato è molto concentrato, tanto che cinque società rappresentano il 68 per cento del totale delle obbligazioni in circolazione.

È la prima volta che le obbligazioni superano, come scelta di finanziamento, i prestiti bancari, nonostante la politica monetaria della BCE che ha reso il costo del denaro molto accessibile.

Molte le occasioni di investimento dunque, vista la voglia di finanziarsi delle aziende, che potrebbero attrarre il mercato italiano, grazie anche alla lieve ripresa che il nostro paese sta vivendo, anche se inferiori ai numeri medi europei. Questo comunque dovrebbe dare consistenza alle obbligazioni, rendendole più sicure, dopo le scottature degli anni della crisi e delle obbligazioni bancarie, come nei casi delle banche venete e di MPS. Meno brutte sorprese insomma, a patto che non si verifichino più quelle scorrettezze commesse con la Veneto Banca e la Popolare di Vicenza.
Secondo Moody’s, Eni, Snam, Enel, Atlantia e Telecom hanno emesso il 68% delle obbligazioni quest’anno, con Telecom Fca che hanno però rallentato.

Bce: attenzione a normalizzazione rendimenti obbligazionari

La Bce inizia a mettere sugli attenti Stati membri ed investitori: bisogna fare attenzione alla normalizzazione dei rendimenti obbligazionari che gradualmente prenderà il via a breve, questo perché il rischio di una brusca reazione dei mercati è molto alto.

Nuove obbligazioni di Banca IMI

La Banca IMI ha emesso nuove obbligazioni sul mercato Mot e EuroTlx, a tasso misto. Un’obbligazione è denominata in dollari e l’altra in euro. Si tratta di due tranche delle Obbligazioni Collezione, di cui quella in dollari a otto anni, con la prima cedola da incassare dopo i primi 4 anni, al 4%. successivamente sarà il Libor a determinare la cedola annuale, con un bonus spread del 1%, per un massimo totale del 4%. L’acquisto minimo è di 2000 dollari, e il rimborso del capitale è sempre nella valuta ufficiale statunitense. Per questo investimento dunque, con rendimento massimo del 4%, a tenuto conto anche il rischio di cambio con l’euro.

L’altra obbligazione, quella denominata in euro, è a dieci anni con acquisto minimo di 1000 euro. I primi due anni garantisce una cedola del 3,4% per poi stabilirsi su rendimenti determinati dall’Euribor a 3 mesi a cui viene aggiunto un bonus stabilito in 50 punti di spread. Anche in questo caso, il rendimento non può superare il 3,4% corrispondente alla cedola fissa dei primi due anni. Banca Imi si è segnalata quest’anno per buoni utili, e le sue obbligazioni sono molto vendute, godendo di un buon rating, garantendo una certa sicurezza, nonostante la crisi bancaria attuale. Certamente la rendita non è elevata, ma l’Eurozona dovrebbe mantenere una bassa inflazione almeno per altri 5 anni.

Come diversificare il portafoglio

Dopo due anni di iniezioni di liquidità e acquisto di titoli, la BCE ha iniziato la riduzione e o smaltimento delle tossicità del mercato, e quindi gli investitori possono iniziare a diversificare il portafoglio verso titoli più rischiosi, o verso titoli diversi rispetto ai classici “sicuri” utilizzati durante la crisi.

I governi sostituiranno la BCE per quel che riguarda gli acquisiti, e l’inflazione dovrebbe aumentare, disincentivando così gli investimenti verso i titoli a basso rendimento, che durante le iniezioni di liquidità invece, erano i preferiti, grazie anche alla bassa inflazione. Ecco dunque che dovrebbe scattare la caccia ai redditi più alti, andando a diversificare il portafoglio verso titoli più globali e rischiosi, uscendo da quelli governativi all’interno della zona euro, protetti dalla BCE, per andare su titoli ad alto rendimento. Certo, la prudenza è sempre raccomandata, ricordando che i regolamenti si sono inaspriti ed è più difficile ottenere liquidità per i sell e i futures allo scoperto. Sicuramente, nel prossimo futuro, anche le obbligazioni a disposizione si diversificheranno, adeguandosi agli aumentati tassi di inflazione e alle nuove restrizioni BCE. A pagarne le conseguenze saranno i bond governativi classici, a vantaggio di quelli periferici, con bassi rating, come i BBB.

Investire in Corone della Svezia

La Svezia è certamente uno dei paesi più sicuri e seri per investire, e le corone svedesi possono essere investite anche alla borsa di Milano, con l’acquisto delle obbligazioni della BEI, anche se il rendimento non è certamente elevato, anche se sicuro. Il rendimento è infatti del 1,5%, per delle obbligazioni a 10 anni. Un investimento dunque che consente di custodire i risparmi, ma probabilmente non sarà una difesa dall’inflazione. Inoltre c’è sempre da controllare il cambio. Attualmente, sono state emesse obbligazioni per 750 milioni, con prezzo di collocamento di 99,90 corone. Alla scadenza ci sarà naturalmente anche il rimborso, per un acquisto che deve avere un minimo di 10.000 SEK, pari a 1.030 euro. Come si diceva precedentemente, è da considerare anche il tasso di cambio tra corone ed euro. La moneta svedese continua a perdere terreno nei confronti della moneta unica, e in un solo anno, è scesa del 3,5%, avvicinandosi ai minimi storici. Secondo le previsioni però, la corona potrebbe invertire questo trend e riprendere terreno nei confronti dell’euro. Il rendimento rimane comunque basso, e quindi, l’investimento in obbligazioni BEI, rimane poco appetibile. Certo, la Svezia è una sicurezza, con un Pil che segna un +3,8%, e quest’anno segnerà un altro +3,1%. Il rapporto tra Pil e debito poi, è solo del 40%, una vera sicurezza.

Alitalia: brutte notizie per gli investitori, rischio default

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Alitalia potrebbe dichiarare il default su un gruppo di azioni e mandare così in fumo parte dei risparmi degli investitori. È questo lo scenario che potrebbe prospettarsi per le obbligazioni con scadenza nel 2025, le subordinate al 2,25%, per luglio, se non si troveranno soluzioni. I commissari stanno cercando di scongiurare qualsiasi evento nefasto per la compagnia, in vendita, nella speranza che qualche big dell’aviazione civile la rilevi e risolvi i problemi. Ma questa soluzione sembra impraticabile, visto che nessuno si è dimostrato disposto ad un acquisto in blocco di Alitalia. Allora quale sarà la soluzione, oltre al prestito ponte da 600 milioni del governo, che dovrà tenere a galla la compagnia fino a ottobre, senza garantire il futuro delle obbligazioni?. Per questi titoli si sta pensando ad una conversione. Oggi, le subordinate Alitalia 2025 sono negoziate sotto il livello distress, e il 30 luglio avrebbe dovuto staccare la cedola di rendimento su 375 milioni di obbligazioni, con Assicurazioni Generali come maggior investitore, su 300 milioni. La compagnia assicurativa triestina aveva già rifiutato la conversione in azioni societarie per sostenere Alitalia, ed è quindi molto probabile che i pagamenti di luglio verranno semplicemente sospesi, in attesa di capire quale sarà il futuro.

Alitalia emetterà obbligazioni

Non c’è fine alla vicenda Alitalia, dopo il No dei lavoratori al referendum, che ha rimesso tutte le carte in tavola. Si cercano nuove soluzioni, ed una delle ultime idee, sembra quella di emettere dei bonds convertibili, grazie alla garanzia statale e al prestito ponte che il governo sta approntando per non far fallire la compagnia. Alitalia entrerà comunque in amministrazione straordinaria, per almeno sei mesi, periodo nel quale dovrà cercare di non annegare definitivamente, o trovare soluzioni per rilanciarsi. Tra le ipotesi, uno spezzatino delle attività da vendere, mentre Lufthansa ha fatto sapere di non essere interessata ad un’acquisizione, e il governo di non voler nazionalizzare l’azienda. Il bond convertibile consentirebbe di reperire liquidità indispensabile, ma non saranno in molti a fidarsi della gestione, e quindi ad investire. Nonostante la privatizzazione, e i numerosi ottimi assets a disposizione infatti, la dirigenza è riuscita ad affossare Alitalia, e anche l’ultimo bond emesso, nel 2010, con cedola al 7,5%, fu coinvolto nel disastro, bruciando molti risparmi. Dopo anni si vorrebbe tentare la stessa strada, ma nessuno può dire, tanto meno noi, se questo bond potrebbe essere un buon investimento o no, visto l’andazzo, tutto italiano, con cui viene curata la compagnia. Divisi tra patriottismo e difesa del risparmio, la scelta sarà dura, ma i trascorsi non giovano affatto alla reputazione dei bond di Alitalia, anche se stavolta ci dovrebbe essere la garanzia dello Stato.

Investimenti BEI tra rendimento e rischio cambio in lire turche

La Banca Europea per gli Investimenti (BEI) ha proposto le sue obbligazioni, che scadranno tra tre mesi, che forse un investimento non saranno. Una sorta di contraddizione per la banca di investimenti, ma il problema risiede tutto nell’emissione, in lire turche, e nei rischi che la valuta locale sta portando sui mercati con una svalutazione continua, anche a causa delle grandi incertezze politiche e geopolitiche nella regione. Le obbligazioni BEI rendono infatti un ottimo 12%, che però potrebbe svanire all’incasso, tra tre mesi, quando gli investitori dovranno cambiare le lire turche in valuta pregiata. Tutto dipenderà da come la lira turca si comporterà in questo arco di tempo, e i rischi non sono pochi. Un rendimento del 12% è una dei massimi, nel vecchio continente, e le obbligazioni furono emesse nel 2013, per un valore totale di 460 milioni di lire turche. I titoli sono negoziabili sia in Lussemburgo, che in EuroTLX e a Milano, ed hanno un ottimo rating. Ma non è l’obbligazione ad essere in discussione, come visto prima, e i calcoli vanno fatti tutti sugli andamenti forex. La lira turca è molto volatile e in un anno ha perso circa il 20% sull’euro. I tassi della banca centrale sono al 9,25%, e i turchi non sembrano intenzionati a variarli. Si prospetta quindi una previsione piuttosto difficile per quel che riguarda il futuro della lira, ed è probabile che molti investitori cercheranno di cedere le loro obbligazioni prima della scadenza, in caso di ulteriori svalutazioni. Occhio quindi alla lira turca, in caso vi fossero offerte.

L’Arabia Saudita emette altri bonds: è a corto di soldi

petrolio prezzo nuovamente vicino 30 dollarLa guerra del petrolio, in corso ormai da più di un anno, sta indebolendo i paesi produttori. Il Venezuela ha dovuto rinunciare a parte del programma d governo, la Russia ha avuto piccole difficoltà, ma la notizia è che anche l’Arabia Saudita sta pagando il calo del prezzo del greggio, ed è sempre più in difficoltà, tanto da dover emettere nuovi titoli alla ricerca di finanziamenti per lo stato dello sceicco. E la situazione appare grave se il paese ha proceduto alla sua prima vendita internazionale con un’emissione pari a 9 miliardi di dollari. Certamente non si tratta di titoli a rischio, ma colpisce il fatto che il paese, fino a due anni fa finanziato quasi esclusivamente dai proventi dell’oro nero, debba procedere con strumenti di finanza “classica”, per reperire denaro.

I titoli sono abbastanza particolari, in quanto, come si sa, il paese è governato da un regime islamico fondamentalista, e dunque i suoi strumenti finanziari devono rispettare la legge della sharia. Si tratta di titoli a 5 e 10 anni, che vanno a far parte di un pacchetto da 33 miliardi di dollari, emessi per necessità contingenti al momento. Inizialmente erano previste emissioni per 8 miliardi, ma i nuovi dati sulle riserve petrolifere americane hanno spinto il prezzo del greggio ancora più giù, e si è reso necessario un “aggiustamento” di un miliardo. Il rendimento dei quinquennali è di 2,93%, mentre i decennali sono offerti a 3,65%.

Investire in rubli

Generalmente, chi vuole investire, tende a rivolgersi a mercati vicini, almeno ideologicamente, come quelli europei o quelli americani, ma ottimi investimenti si possono fare anche nell’est europeo e in Medio Oriente. La Russia è una terra del tutto sconosciuta per quel che riguarda gli investimenti, per la maggior parte di noi. Eppure il paese è in espansione, nonostante le sanzioni, e il rublo si sta rafforzando sui mercati. Nell’ultimo semestre ha guadagnato il 16% sull’euro, e le amministrazioni locali offrono i loro bond a rendimenti interessanti. Questo significa che, se il rublo continuerà a rafforzarsi, il rendimento finale, grazie anche al cambio, potrebbe essere molto maggiore.

La città di Pietroburgo sta offrendo delle ottime obbligazioni a breve termine, per realizzare guadagni in poco tempo. Sono obbligazioni negoziabili alla borsa di Mosca, per un totale di 7 miliardi di rubli, che sono state emesse nel 2012 con il codice RU000A0JTDL6. L’acquisto minimo è di 1000 rubli, ovvero appena 15,50€. La cedola è semestrale, e garantisce il 7,94%. Saranno rimborsati interamente il 1 giugno 2017 e sono ora disponibili in parità per avere un rendimento del 8%. Il loro andamento finora, nonostante gli alti e bassi dei titoli russi, si è dimostrato molto stabile, e sono quindi da considerare un investimento sicuro, nonostante il loro rating è tra il BBB- e il BB+.

Salva-banche, arrivano i primi rimborsi per gli obbligazionisti

A partire da lunedì 19 settembre, che si sono visti azzerare i bond subordinati per assorbire parte delle perdite registrate da Banca Etruria, Banca Marche, CariFerrara e CariChieti nell’ambito del Decreto Salva banche riceveranno i primi rimborsi.

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Bond Goldman Sachs: quanto rendono?

Goldman Sachs ha messo sul mercato internazionale nuove obbligazioni. Questa volta, tuttavia, al fine di soddisfare la richiesta degli investitori l’emittente ha dovuto tenere in conto la parte lunga e lunghissima della curva dei rendimenti.

Asta Bot 12 mesi: collocati 6,5 miliardi di euro

E’ terminata l’asta di Bot a dodici mesi. Il Tesoro ha reso noto di aver piazzato 6,5 miliardi di euro di Bot a 12 mesi (Isin IT0005203523) con rendimento pari a -0,176%. Il rendimento è apparso dunque in calo di 5 punti base rispetto all’asta del 10 giugno scorso. Molto buona comunque la risposta del mercato con un bid to cover a 1,55 rispetto all’1,442 precedente.

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